NON DOBBIAMO PIÙ TRASCURARE I GAY - sguardo cielo 1 - Gay.it Archivio

NON DOBBIAMO PIÙ TRASCURARE I GAY

Giornata Mondiale contro l’Aids. Gianni Rezza dell’ISS fa il punto. “Molti omosessuali scoprono l’Hiv solo quando hanno l’Aids”. Ma apre a speranze: “Alla fine ce la faremo”.

MILANO – L’Aids ha i capelli bianchi, ma non smette di crescere e moltiplicarsi. Dal primo gennaio scade la moratoria sui brevetti e coloro che producono farmaci a basso costo non potranno più farlo. L’Italia è in ritardo con i finanziamenti al Global Fund. I malati nel mondo sono 40 milioni e il contagio dilaga non solamente in Africa ma tende ad espandersi in Oriente e nei Paesi dell’Est.
E’ questa una sintesi fotografica dell’epidemia che ha cambiato da anni il volto dell’umanità, che non cessa di inquietare per la sua dimensione e per la vulnerabilità al contagio. Non siamo riusciti ad affrontare l’HIV-Aids in Africa, mentre la nuova emergenza si chiama Asia, un continente che conta un quarto di tutte le nuove infezioni che si verificano nel mondo. Gli italiani, invece, sembrano aver sopito coscienza e conoscenza. Mentre aumenta l’età delle persone colpite dal virus e cambiano i fattori di rischio, si è tornati a far sesso non protetto, inconsapevoli del proprio stato di contagiosità. Così i sieropositivi, è vero, vivono più a lungo ma c’è un incremento delle persone che si scoprono malate quando viene diagnosticata l’Aids conclamata. La parola d’ordine dimenticata è e resta sempre la stessa: prevenzione attraverso la protezione nei rapporti sessuali.
Ne parliamo con Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità, stretto collaboratore della Dottoressa Barbara Ensoli.
E’ cambiato oggi il modo di affrontare la malattia?
L’aumento della sopravvivenza e la qualità della vita sta cambiando la situazione. C’è qualche segnale che si stia verificando un effetto di ottimismo, dovute alle terapie antiretrovirali che deteminano un ritorno di alcuni comportamenti a rischio. Tant’è vero che in alcune città come Roma e Milano è ricomparsa la sifilide.
Nel mondo 37,2 milioni di sieropositivi adulti. Quali aiuti clinici e di sostegno vengono attuati?
Esiste il problema dell’accesso alle terapie in termini finanziari, per quanto adesso si ricorra ai farmaci generici. Ma vi è anche il problema del monitoraggio delle terapie che, com’è noto, richiedono esami relativamente costosi. Vi è la necessità di adattare la terapia alla realtà locale.
Il 1° gennaio, però scade la moratoria sui brevetti.
Una soluzione di compromesso la si troverà; il Global Fund riesce a finanziare dei Paesi sperando che questi finanziamenti vengano uitlizzati bene. E’ chiaro che il WTO e le ditte non possono rinunciare al brevetto tout-court perché si fermerebbe anche la ricerca farmaceutica.
Il rapporto Coa dell’ISS indica una crescita di contagio tra omo-bisex in Italia.
Si è creata una bassa percezione del rischio che, se non sorprende per gli eterosessuali, sorprende per gli omosessuali. Tutti ricordano che nella prima fase le organizzazioni omosessuali sono state molto attive; poi si è creata un’azione di diniego dovuta magari alla paura della discriminazione. Inoltre c’è la perdita di memoria generazionale. I giovani non hanno visto compagni o amici morire di Aids e questo ha portato a sottovalutare il problema.
C’è un ritorno nell’aver rapporti sessuali non protetti. E’ questo che vuol dire?
C’è l’effetto ottimismo per le terapie antiretrovirali. Credo sia una delle cause che ha allontanato la paura nell’avere rapporti sessuali non protetti.
Vi sono sinergie di comunicazione tra voi e le organizzazioni Glbt?
Ci sono sempre state. Noi abbiamo cominciato a lavorare nell’82 e ottenemmo la collaborazione del Mario Mieli di Roma, anche se all’inizio fu difficile. Poi s’instaurò una fiducia reciproca e gli studi andarono avanti per tutta la durata della prima fase dell’epidemia. Poi questa popolazione è stata un po’ trascurata anche dal punto di vista della ricerca scientifica.
Dimenticati anche dalla scienza?
Guardi, negli ultimi 10 anni sono usciti pochissimi studi in Italia sulla prevalenza d’infenzione in omo-bisex: si dava per scontato che non fosse un problema. Quindi è stato sorprendente quando dai nostri dati è uscito fuori che l’accesso alle terapie per gli omosessuali è abbastanza tardivo. Per questo motivo si è deciso di orientare gli studi nuovamente sulla prevalenza d’infenzione e dei comportamenti.
Si spieghi meglio.
Vogliamo vedere se questa prevalenza d’infenzione si è alzata ed è tornata a crescere, perché abbiamo visto che il 70% degli omosessuali a cui viene diagnosticata l’Aids non sapeva di essere sieropositivo e non ha fatto quindi alcuna cura. Per noi questo è un nuovo segnale d’allarme.
Continuano i finanziamenti al vaccino della Ensoli?
Per la ricerca siamo riusciti a mantenere un certo finanziamento che si aggira intorno ai 30 miliardi di vecchie lire, compreso il vaccino della dottoressa Ensoli che è in “fase 1”. Quando si arriverà alla terza fase, allora ci vorranno investimenti davvero forti. Ora si sta valutando la tossicità del prodotto. Siamo ancora all’embrione del progetto globale.
Evangelicamente: ci salveremo?
I farmaci ci stanno aiutando; in pochi anni abbiamo ottenuto successi insperati. Sul vaccino si arranca un po’ perché i farmaci che sono andati in fase 3 non hanno avuto successo. Evidentemente questo è un virus furbo, ma credo che i nostri sforzi saranno ripagati.
Cosa ne pensa di Peter Duesberg autore del libro “Il virus inventato”?
Ci sono sempre dei buontemponi che inventano dei professori Stranamore; un Nobel che dice che è stato inventato per sterminare i neri. In verità studi di filogenesi ci dicono la data di ingresso del virus e come si è sviluppato anche nell’uomo.
Che messaggio si può dare nella Giornata Mondiale contro l’Aids?
Che non diventino riti retorici queste date ma spingano tutti ad una maggiore consapevolezza della questione in termini di prevenzione e di aiuto.

di Mario Cirrito