E’ un giovane nordafricano, in Italia da ormai 20 anni, che rischia di finire in prigione nel suo paese a causa della sua omosessualità, vittima di vessazioni e violenze come quelle di solito riservate ai gay nelle carceri dei paesi islamici.
Adesso vive e lavora come operaio in provincia di Udine ed è protagonista di una lunga battaglia legale. Contro di lui, a dicembre scorso, il Prefetto di Udine ha emesso un decreto di espulsione che il suo avvocato ha subito impugnato. Il difensore del ragazzo, che preferisce restare anonimo, si appoggerà alla recentissima sentenza della cassazione secondo la quale un cittadino straniero gay, che per questa ragione rischia di essere perseguitato nel suo Paese, non può essere espulso né gli può essere imputato il mancato rispetto din un eventuale decreto di espulsione. Naturalmente, perché questa sentenza possa essere applicata, è necessario provare che nel Paese di appartenenza della persona l’omosessualità sia considerata reato e che il richiedente stesso sia davvero omosessuale.
La storia di questo ragazzo racconta un percorso particolarmente difficile. Già da piccolo ha subito violenze sessuali e quando, sedicenne, il suo orientamento sessuale divenne noto, subì ulteriori
stupri dai suoi connazionali intenzionati a ‘dargli una lezione’. Quando le voci sulla sua omosessualità sono arrivate anche alla sua famiglia, la reazione dei genitori è stata un rifiuto.
Da lì all’alcolismo il passo è stato purtroppo molto breve, portandolo addirittura a commettre atti che gli sono costati l’arresto. Adesso è completamente disintossicato e continua a seguire la terapia per non ricadere nell’errore, ma racconta: "Ho scoperto la vita in carcere. Ho capito che sono omosessuale e che non devo scappare via. Voglio vivere".
Anche il suo sentimento religioso viene ostegiato a causa del suo essere gay: "Io ho bisogno di potermi rivolgere a Dio e di essere accettato – racconta -. Ma mi è proibito entrare in moschea, in cimitero, stare vicino a una persona deceduta…mi cacciano via".
Il giovane ha già chiesto asilo politico due volte in Italia. Invano. Adesso si attende l’imminente udienza del processo nato dall’avere impugnato il decreto di espulsione che pende sulla sua testa.
"Un ordinamento è davvero coerente con i principi di uguaglianza e tutela delle libertà e dei diritti riconosciuti – commenta l’avvocato – finché riesce a garantirli non solo al soggetto irreprensibile ma anche e soprattutto a chi ha sbagliato".
Come dire che uno Stato che si dica civile e progredito offre sempre una seconda possibilità a chi sbaglia.