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Gay perseguitati ascoltati dall’Onu: è la prima volta

Un iraniano e uno siriano raccontano l’odio. Power: “Condanna univoca alle violenze”

Subhi Nahas con l'ambasciatrice Usa Samantha Power

Subhi Nahas con l’ambasciatrice Usa Samantha Power

Come annunciato , si è svolto in Cile il primo incontro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu completamente dedicato agli attacchi dell’ISIS contro le minoranze lgbt. Secondo quanto riporta Al Jazeera, l’ambasciatrice Usa presso l’Onu, Samantha Power ha dichiarato che “era giunto il momento, dopo 70 anni dalla creazione dell’Onu, che le sorti delle persone LGBT le cui vite vengono minacciate fossero al centro dell’attenzione. È un piccolo passo, ma è fondamentale”.
Il Consiglio era aperto a tutti i paesi interessati alla tutela delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender e l’invito è stato inviato a tutti i 193 paesi membri. Solo due dei 15 membri del consiglio non hanno partecipato: Chad e Angola.
Durante la riunione è stata ascoltata la testimonianza di Adnan, un uomo iraniano costretto a scappare perché identificato come gay e preso di mira, quella di Subhi Nahas, un siriano che adesso vive negli Usa, anch’egli minacciato, e di Jessica Stern, direttrice esecutiva dell’International Gay and Lesbian Rights Commission.

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Stern ha raccontato come l’Isis colpisce i gay, ovvero per lapidazione, lanciandoli dai palazzi o sparandogli e che si è dichiarata responsabile dell’uccisione di almeno 30 persone, giustiziate per il loro orientamento sessuale.
“L’Isis ha deciso che alcune persone non meritano di vivere per via del loro orientamento sessuale o la loro identità di genere” ha spiegato Power.
Un Consiglio storico, quello di ieri, per la storia dell’Onu e della comunità lgbt globale.
“È la prima volta – ha dichiarato Power – che diciamo, con una sola voce, che è sbagliato prendere di mira le persone per via del loro orientamento sessuale o l’identità di genere. È un passo storico. E, come sappiamo, che avrebbe dovuto essere fatto molto tempo fa”.
“C’è una comunità, in Medio Oriente ha spiegato Subhi Nahas – che si sta alzando. Vogliamo che le nostre voci vengano ascoltate, vogliamo che i nostri diritti vengano riconosciuti e alla fine, avremo la meglio”.