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Paese che vai, porno che trovi

Vedere film porno fa bene agli uomini: lo dicono alcune ricerche universitarie. E se in Australia nasce il Partito dell’Amore e in USA i performer sono spesso testimonial e attivisti, in Italia…

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Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere un articolo pubblicato da Newsweek: i ricercatori di diverse Università sosterrebbero che la pornografia produrrebbe benefici effetti a livello ormonale nei maschi che ne fanno uso regolarmente. In parole molto povere garantirebbe la produzione naturale di molte sostanze (come certi ormoni) che nell’organismo maschile iniziano a scarseggiare dopo i trent’anni. Dalla Rutgers University alla Emory University tutti sembrano d’accordo nell’affermare che gli effetti di una fruizione regolare di materiale pornografico possono competere con una terapia ormonale o con costosi prodotti farmaceutici, con tutta una serie di benefici effetti per la salute (a patto che, ovviamente, non si creino dipendenze psicologiche e non si finisca per escludere i rapporti fisici).

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Sia come sia l’articolo di Newsweek è solo la punta dell’iceberg di un cambiamento generalizzato nella percezione della pornografia nella società occidentale. Infatti il mondo del porno sta gradualmente uscendo dal ghetto, forte della consapevolezza di non rappresentare più solo un ricettacolo di vizio e morbosità, ma anche un riflesso dei costumi, una realtà entrata nella vita di moltissime persone e uno spunto di discussione importante per affrontare temi anche di un certo interesse. Non è un caso se in Australia, grazie anche al sostegno dell’industria pornografica locale, è stato appena fondato il Partito dell’Amore, che si propone di rappresentare le istanze della popolazione a partire dall’autodeterminazione sessuale e dalla libertà di espressione (due cose che negli ultimi tempi sono state messe in forte discussione dal governo australiano).

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Attenzione: non stiamo parlando di un baraccone come quello messo in piedi da alcune pornoattrici italiane negli anni ’80. In questo caso si tratta di un vero e proprio partito che si propone di lottare contro la censura, le lobby religiose e l’imposizione di un senso della morale sessuofobo (con un occhio di riguardo per le problematiche della comunità GLBT). In effetti questa piccola rivoluzione nel mondo del porno sembra essere partita proprio dall’ambito gay, dove ormai da diverso tempo i pornoattori hanno assunto lo status di personaggi di riferimento per la loro comunità. Dalla fine degli anni ’90, infatti, si è affacciata una nuova generazione di performers che – anche grazie a internet – non circoscrive più il suo ruolo al mondo dei video hard, ma interagisce in maniera sempre più stretta con il mondo gay. Sono sempre di più i porn performers gay che, soprattutto negli USA, diventano testimonial e promotori di campagne sul sesso sicuro e iniziative di beneficenza, ma anche attivisti politici in prima linea per lottare contro la Proposition 8 in California e sostenere i progetti di legge contro l’omofobia.

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D’altra parte se questi porn performers vengono scelti sempre più spesso come modelli per campagne pubblicitarie che si rivolgono al pubblico gay, ma che nulla hanno a che fare con il sesso, un motivo dovrà pur esserci. Gli stessi mega eventi che li vedono coinvolti sono sempre più orientati verso scopi benefici. Prendiamo ad esempio gli Hustlaball: questo mese ce ne sono stati a New York e a Berlino. Nel caso di Berlino una parte dell’incasso è andata ad alcune associazioni che assistono i gay vittime di violenza, nel caso di New York è andata a Spread Magazine: si tratta di una rivista indipendente che negli USA si è prefissa il non facile compito di dare voce ai sex workers (siano escort, porn performers, attori hard o altro), che spesso vengono presi di mira e dipinti in maniera sprezzante dai media, subendo discriminazioni (o peggio) perché praticano in qualche modo il mestiere più vecchio del mondo.

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Decisamente una percezione diversa della questione rispetto a quella che c’è nel nostro paese. D’altra parte stiamo parlando di una realtà nella quale i porn performers vengono pubblicizzati, seguiti e sostenuti dal loro pubblico anche quando si cimentano in altri progetti nel mondo del cinema, della TV, della musica, della letteratura o altro. Purtroppo, mancando in Italia una percezione della pornografia che vada realmente al di là degli stereotipi e dei preconcetti tipici della nostra cultura, e molto difficile entrare in quest’ottica. Così, mentre negli USA tutti festeggiano il cortometraggio horror che Brent Corrigan ha presentato all’ Iris Prize Festival 2009 e la sua partecipazione a vari film (non hard) di imminente uscita, in Italia lo spettacolo teatrale (ispirato a Samuel Beckett) che Carlo Masi ha appena rappresentato a Bologna è passato quasi inosservato. Paese che vai, porno che trovi.

di Valeriano Elfodiluce