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Pensare Caravaggio, quindici artisti reinterpretano il genio

Si inaugura domani presso la Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba una mostra-omaggio innovativa per ricordare “Il pittore maledetto” attraverso lo sguardo di quindici artisti contemporanei.

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Saranno quindici artisti contemporanei a ricordare Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, nella mostra "Pensare Caravaggio" che verrà inaugurata domani pomeriggio presso la Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba in provincia di Cuneo e sarà visitabile fino al 30 gennaio.
Quindici sguardi diversi, da Chessa a Francese, da Saroni a Ventrone, per interpretare in modo originale le opere del sublime pittore milanese del ‘500, un omaggio insolito che vuole verificare la persistenza di ‘sapori cavaraggeschi’ nelle idee di grandi artisti di oggi.
"Verso una consonanza di sentimenti, prima che di forme, si è diretta la scelta dei vari artisti” spiega il curatore Vincenzo Gatti. “Per alcuni il riferimento caravaggesco era già parte integrante del proprio fare; altri hanno colto l’occasione per rimeditarsi, sul filo della grande pittura. Si sono aggiunte poi esperienze diverse raccolte quasi con lo spirito e il gusto del collezionista, consigliato dall’emozione piuttosto che attento a selezioni corroborate da dati sensibili”.

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Spicca per intensità queer l’opera di Riccardo Tommasi Ferroni "Incredulità di San Tommaso" (1983), dove un ragazzo inondato da luce caravaggesca ammira il volto di un quasi coetaneo mentre un altro cerca di svelare l’identità di un uomo misterioso con la testa coperta da un mantello; quasi di fronte si vede una "Natura morta con testina d’abbacchio" del 1971 che innesta un elemento animale alle tipiche nature morte con cesti di frutta.
“È un omaggio citazionista" spiega Franco Fanelli nell’introduzione al catalogo. "Oltre a molti altri omaggi, diretti o indiretti, Caravaggio ha ispirato la fisionomia di un modello esistenziale cui si è appellata la generazione neo-figurativa degli anni Sessanta, da Gianfranco Ferroni a Guccione, da Vespignani a Franco Francese. Poi lo scenario muta. Alla fine degli anni Sessanta, quando le idee stesse di pittura, di naturalismo e di ‘historia’ vengono esplorate dalle correnti legate all’arte processuale, il più ‘caravaggesco’ dei poveristi, Jannis Kounellis, è attratto dalla dimensione teatrale di quella pittura e, insieme, dalla sua portata ‘popolare’, all’insegna dell’equilibrio tra ‘rappresentazione’ ed evocazione; oppure tra cultura, dramma e loro esplicitazione attraverso l’opera pittorica che trionfa in un caravaggesco come Mattia Preti […] Oggi, più dei pittori, sono alcuni artisti che utilizzano la fotografia a riportare alla ribalta il caravaggismo.

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Non tanto Andrés Serrano, ma Philip-Lorca diCorcia e Gregory Crewdson esaltano la pittura di Caravaggio nella sua struttura di messa in scena di un evento, l’hic et nunc, appunto, segnalato da Longhi e dal suo contrario, Argan, laddove l’attimo decisivo, il momento culminante, sono isolati nel flusso degli accadimenti come in un set. Quella costruzione del quadro come un tableau-vivant su cui insiste anche il film di Derek Jarman (nel quale i modelli sono più ‘pittorici’ dei dipinti stessi) era già stata colta, del resto, sia pure negativamente, dal Mancini nel primo decennio del Seicento. Ma proprio sul quadro come messa in scena dell’unica primadonna possibile, la pittura stessa, si apre il sipario del primo vero dipinto del ‘900, il defilé, solo in apparenza privo di ‘moto e d’affetti, di gratia’ delle prostitute di rue d’Avignon".