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Polemiche: i Dico e le Famiglie nella Costituzione

Un appello di 23 esperti costituzionalisti cerca di mettere chiarezza alle strumentali interpretazioni dell’art. 29, usato spesso a sproposito per sostenere che i Pacs o i Dico non s’hanno da fare.

ROMA – Nel gran dibattito politico e sociale sui temi riguardanti i diritti delle coppie conviventi non sposate, siano esse etero che omosessuali, sulla stampa nazionale trova uno spazio enorme la continua e incessante ripetizione del “non possumus” espresso dalla Chiesa Cattolica. Di fronte alle bordate del clero e alla subalternità di gran parte della classica politica è certo poco lo spazio di visibilità che rimane a coloro che si richiamano ai valori di uno stato veramente laico e indipendente dal potere religioso è veramente poco. Sul tema centrale di quello che dice la Costituzione Italiana in riguardo alla famiglia sono intervenuti 23 illustri costituzionalisti, che hanno firmato una dichiarazione-appello su “Le famiglie nella Costituzione”. Eccone il testo integrale:
“Senza entrare nel merito della discussione delle attuali proposte di riforma, volte a riconoscere o tutelare in diversa forma e misura unioni familiari di tipo diverso da quello tradizionale, ci preme però chiarire che è infondata l’affermazione secondo cui l’articolo 29, primo comma, della vigente Costituzione porrebbe dei limiti costituzionali al riconoscimento giuridico delle famiglie non tradizionali o non fondate sul matrimonio, come è ormai avvenuto in quasi tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale. L’articolo 29, primo comma, non impone affatto alla Repubblica di riconoscere come famiglia solo quella definita quale «società naturale fondata sul matrimonio». Impone invece alla Repubblica di riconoscere i suoi diritti, in quanto espressione dell’autonomia sociale. Testualmente:
«la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Ad essa viene quindi garantita una sfera di autonomia rispetto al potere dello Stato. Per tale motivo sarebbe contraria alla Costituzione una legge ordinaria che mirasse a disconoscere i diritti di tali famiglie. «Circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua [della famiglia] regolamentazione»: questa la funzione della disposizione secondo quanto ebbe a dichiarare Costantino Mortati nell’Assemblea costituente. «Non è una definizione, è una determinazione di limiti», ribadì nella stessa sede Aldo Moro.
Il Costituente del 1946-47 non poteva immaginare che nei decenni successivi sarebbe stata avanzata in Italia o altrove la richiesta del riconoscimento di famiglie di tipo diverso dal modello tradizionale, mentre vivo era invece il ricordo del tentativo fascista di monopolizzare l’educazione dei giovani, tentativo analogo a quello in corso proprio in quei mesi con l’instaurazione di regimi stalinisti in molti paesi dell’Europa centrale: e tale era appunto il pericolo che con la formulazione dell’articolo 29 si intendeva scongiurare. Inoltre, secondo l’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la disciplina nazionale può modulare variamente le modalità di esercizio dei distinti diritti di sposarsi e di costituire una famiglia, ma non in forme tali che possano portare alla vanificazione dell’uno o dell’altro. Il riconoscimento giuridico di altre tipologie di famiglia non comporterebbe alcun disconoscimento dei diritti delle famiglie fondate sul matrimonio e non potrebbe quindi violare il disposto dell’articolo 29, primo comma, della Costituzione. Il fatto che la Costituzione garantisca in modo particolare i diritti della famiglia fondata sul matrimonio non può in alcun modo avere come effetto il mancato riconoscimento dei diritti delle altre formazioni famigliari. A proposito delle quali vanno invece tenuti ben presenti il fondamentale divieto di discriminare sulla base, anche, di «condizioni personali», di cui all’articolo 3, primo comma, della Costituzione, e il dovere della Repubblica di riconoscere e garantire «i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», di cui all’articolo 2, già richiamato in questa materia dalla giurisprudenza costituzionale.”
Questo appello…
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Questo Appello, promosso dalla “Fondazione Critica liberale“, è stato sottoscritto da Piero Bellini (Prof. emerito Univ. Roma “La Sapienza” – Accademico dei Lincei), Roberto Bin (Prof. Diritto Costituzionale – Univ. di Ferrara), Giuditta Brunelli, (Prof. Istituzioni di Diritto pubblico – Univ. di Ferrara), Massimo Carli (Prof. Diritto costituzionale – Università di Firenze), Paolo Cendon (Prof. Istituzioni di Diritto Privato – Univ. Trieste), Enzo Cheli (Prof. Diritto costituzionale – Univ. Firenze – Accademico dei Lincei), Giovanni Di Cosimo (Prof. Diritto Costituzionale – Univ. Macerata), Alfonso Di Giovine (Prof. Diritto Costituzionale Comparato – Univ. Torino), Gilda Ferrando (Prof. Diritto Privato – Univ. Genova), Vincenzo Ferrari (Prof. Filosofia del Diritto – Univ. Milano), Maurizio Fumo (Magistrato), Sergio Lariccia (Prof. Diritto Amministrativo – Univ. Roma “La Sapienza”), Alessandro Pizzorusso (Prof. Istituzioni di Diritto Pubblico – Univ. Pisa – Accademico dei Lincei), Fausto Pocar (Prof. Diritto internazionale Univ. Milano – Pres. Tribunale penale dell’Aja), Valerio Pocar (Prof. Sociologia del Diritto – Univ. Milano “Bicocca”), Salvatore Prisco (Prof. Istituzioni di Diritto Pubblico – Univ. Napoli “Federico II”), Andrea Pugiotto, (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara), Paolo Ridola (Prof. Diritto Costituzionale Comparato – Univ. Roma “La Sapienza”), Paola Ronfani (Prof. Sociologia del diritto – Univ. Milano), Francesco Rimoli (Prof. Istituzioni di Diritto Pubblico – Univ. Teramo), Stefano Rodotà (Prof. Diritto Civile – Univ. Roma “La Sapienza”), Gustavo Zagrebelski (Prof. Diritto costituzionale – Univ. Torino), Paolo Zatti (Prof. Istituzioni di diritto privato – Univ. Padova).
Sul tema è stato anche organizzato il convegno Famiglie Nella Costituzione, che si terra’ il 21 febbraio a Roma presso la Camera dei Deputati. (RT)