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POLITICI, SIETE GAY? DITELO!

Intervista esclusiva a Philippe Meynard, 31 anni, gay dichiarato della destra francese, che prepara un coming out collettivo e dichiara: "essere omosessuali non è un fatto privato".

PARIGI – Altro che Pecoraro Scanio e la sua mite dichiarazione di bisessualità… In Francia accade ben di più: si prepara un coming out di massa. Decine di politici di tutta la Francia e di ogni schieramento renderanno pubblica, in uno stesso giorno, la loro omosessualità. La notizia la lascia passare, in un’intervista esclusiva a Qx, il trentunenne Philippe Meynard, per ora l’unico gay dichiarato della destra francese.

Quando? "Due mesi dopo le prossime elezioni municipali". Le comunali sono in marzo 2001. Quindi si può prevedere che la Francia per la prossima giornata della visibilità omosessuale del 28 di giugno avrà di che essere orgogliosa. "Più uomini politici lo dicono e meglio è – afferma Meynard che ha dichiarato la sua omosessualità in un afoso 12 agosto 1999 – Un coming out per un politico vuol dire giocare a ‘Rischiatutto’. Si può perdere tutto: l’elettorato, la fiducia della gente, l’amicizia dei colleghi politici, la carriera. Ma si guadagna anche tutto: si guadagna la propria vita".

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Parla per esperienza, Philippe Meynard. La sua storia merita di essere raccontata. Era assessore a Barsac, un comune di 2 mila abitanti che si trova in Gironda, vicino a Bordeaux, nel Sud Ovest della Francia. Il 12 agosto del 1999, dopo 10 anni di politica e di veli, dopo un matrimonio di convenienza con un’amica consenziente e al corrente di tutto, dopo troppo tempo dedicato a zittire le malelingue e a sviare le cattiverie, decide che così non può più andare avanti. Decide di dichiarare tutto. "Fra l’uomo politico e l’essere umano – dichiarerà in seguito – ho scelto l’essere umano". Chiama prima i suoi genitori, a cui aveva già detto di essere gay, e li avvisa: "Succederà un casino". Riceve sostegno e ammirazione. Chiama tre giornalisti: due radio e il quotidiano locale. In un agosto senza notizie mette sul tavolo la bomba ad orologeria. Scoppio previsto il giorno seguente di buon mattino. La sera a Barsac c’è Consiglio Comunale. Meynard chiede di incontrare prima i suoi colleghi assessori e sbroglia la matassa. Dopo il consiglio fa lo stesso con i consiglieri. Il giorno seguente il quotidiano "Sud-Ovest" racconta tutto. Non passa un’ora che l’agenzia France Presse riprende la notizia. Tutti i giornali, le radio, le Tv di Francia vogliono parlare con Philippe Meynard, sconosciuto giovane assessore del comune di 2 mila abitanti di Barsac. Il racconto di una vicenda privata diventa il centro della vita pubblica francese. Un affare nazionale. Facile capire perché: Philippe Meynard è iscritto all’UDF, l’Unione per la Democrazia Francese, partito di centro-destra a cui è affiliata anche l’omofoba Madame Christine Boutin, famosa in quel momento per la sua battaglia in parlamento contro il Patto civile di solidarietà, le unioni civili. Per i giornali vuol dire: divorzio in casa UDF. Per i gay invece che esiste anche un’altra destra.

Qx – Ma ritorniamo al coming-out di gruppo: com’è venuta l’idea?

Philippe Meynard – "Da quando ho raccontato tutto sono stati in molti a venire a congratularsi con me. E non solo gente del mio partito. Ho ricevuto anche alcune confidenze, politici che mi dicevano che anche loro sono gay e che vorrebbero avere il coraggio che ho avuto io. Già immaginavo vi fossero altri gay, anche nel mio partito, ma non pensavo ve ne fossero tanti. Da lì, parlando, è uscita l’idea. Perché no, un coming out generale? Ma non è una cosa facile per un politico: ci sono diversi livelli di azione. E la sfera psicologica di ciascuno non è la meno importante".

Qx – Cosa dice a chi si ostina a nascondere la propria omosessualità?

P.M. – "Che io sto molto meglio adesso. Che non farò più concessioni sulla mia vita privata. Che la gente ha bisogno di umanità. Che bisogna umanizzare la politica se si vuole ridarle fiato. Che la gente ha bisogno di verità".

Qx – Ma non crede che raccontare della propria sessualità rischi di spaventare gli elettori?

P.M. – "Apprezzeranno l’onestà. Io credo sia utile poter trovare l’omosessualità nella storia della gente comune. Credo sia necessario dare dei riferimenti a chi, giovane, si scopre gay. Credo che la cosa più difficile non sia vivere in quanto gay ma scoprire lo sguardo dell’altro, della società, sull’omosessualità".

Qx – Non pensa, come molti politici italiani, che l’omosessualità faccia parte della vita privata?

P.M. – "No, l’omosessualità fa parte della vita pubblica. È invece la mia relazione con il mio compagno che fa parte della mia vita privata. E poi: si può essere gay e fare politica, dimostrando di avere un comportamento politico coerente con la propria vita privata, altrimenti prima o poi succede il patatrac".

Qx – Lei pensa che la gente di Barsac abbia capito?

P.M. – "Lo vedremo alle prossime elezioni, se mi eleggono sindaco vuol dire che hanno capito. Ma io penso di sì. Si possono individuare tre fasi nella reazione dei miei compaesani: in un primo tempo, dopo il mio coming out, le persone che mi odiavano parlavano e quelle che mi sostenevano tacevano; poi, dopo la pubblicazione del mio libro ("Le prix de la différence" ed. Michel Lafon, ndr) quelli che tacevano hanno capito; infine, nel momento della mia candidatura (contro l’ex sindaco che lo ha estromesso dalla giunta dopo il suo coming out, ndr) quelli che tacevano hanno capito che era ora di cominciare a parlare".

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Qx – Parliamo delle posizioni della destra, anche di quelle del suo partito centrista… Non si può dire siano confortanti…

P.M. – "Gli eletti del mio partito devono aprirsi su alcuni argomenti… il Gay Pride, il Pacs… il primo è una manifestazione politica, non folcloristica. La realtà è diversa da quello che si vede in tv. Le immagini che trasmettono le 500 Drag Queen presenti, ma in strada a Parigi c’erano 299 mila 500 altri gay, senza piume di struzzo. Io non ho nulla contro le Drag Queen, sarei probabilmente ridicolo vestito come loro, ma a livello di media la loro immagine è devastante. Molta gente ha paura delle Drag Queen e non dei gay".

Qx – E sulle unioni civili?

P.M. – "Sì, abbiamo rivendicazioni legittime. Chiediamo diritti non perché siamo orgogliosi di essere gay, ma semplicemente perché siamo cittadini. Nella discussione sul Pacs quello che era sconvolgente era il muro contro muro fra Pro e Contro. E la destra si trovava fra i secondi. E poi Christine Boutin, con quelle cinque ore di conferenza alla Camera con la bibbia in mano… Ma mi faccia il piacere, la sua compassione se la può mettere in quel posto. Io per lei non provo compassione. Provo tristezza".

Qx – Di cosa devono aver paura oggi i gay?

P.M. – "Le dirò di cosa non devono avere paura. Di loro stessi. Quando non si ha più paura di se stessi si è invulnerabili".

di Giacomo Leso – da Parigi