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Quel travestimento causa di reazioni “soggettive”

Il foglio di via e le 18 ore passate da Michele-Nikita in questura sono misure eccessive, forse dovute ai suoi abiti. Una legge sull’omofobia l’avrebbe aiutato. L’assordante silenzio di Mancuso.

Un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna è il primo provvedimento che l’avvocato Pietro Diaz sta preparando per chiedere l’annullamento del foglio di via e il risarcimento danni per la lesione dei diritti civili che Michele Cicogna, in arte Nikita Balli, ha subito lo scorso giovedì a Sassari.

«Quello preso nei confronti del Signor Cicogna – ha spiegato l’avvocato Diaz a Gay.it -è un provvedimento cosiddetto "in prevenzione", ovvero eseguibile senza che alcun reato sia stato commesso. E’ una misura obbligatoria quando qualcuno risulti pericoloso per la sicurezza, ma di fatto è una formula stereotipata che si usa in tutte le questure d’Italia, come fosse un modello prestampato, senza che ci sia un fatto che possa far pensare che una persona sia effettivamente pericolosa. Tutto questo, nonostante una riforma di ben venti anni fa imponga l’uso di elementi fattuali».

In sostanza, Michele è stato trattenuto perché ritenuto una persona pericolosa senza che gli agenti che hanno eseguito il provvedimento avessero fatto riferimento ad un fatto o ad un elemento concreto che lo indicasse come persona pericolosa. Del resto, come lui stesso ha raccontato, era semplicemente dentro la sua macchina ferma ad aspettare le persone con cui aveva appuntamento. Il punto è che era in abiti femminili, quelli che usa durante le sue esibizioni. «Probabilmente – ha commentato l’avvocato – il fatto che fosse travestito ha scatenato reazioni soggettive negli agenti che sono intervenuti». E di soggettivo potrebbe non esserci solo la decisione di portare Michele in questura, ma anche il fatto che lì dentro è rimasto rinchiuso per 18 ore, senza cibo né acqua, senza una brandina su cui sdraiarsi che non fosse di cemento e in ambiente saturo di odore di urina.

«Dal punto di vista della legge – spiega ancora Diaz – il trattenimento ha lo scopo di procedere all’identificazione della persona in questione. Ma in questo caso, Michele Cicogna era facilmente identificabile e non ha opposto alcuna resistenza all’identficazione stessa, perciò le 18 ore appaiono ingiustificabili. Come ingiustificabile appare anche il foglio di via che gli è stato notificato per cui, entro tre giorni Cicogna avrebbe dovuto lasciare Sassari e tornare al suo comune di residenza con il divieto di ritornare nella città sarda per ben tre anni. E’ una grave limitazione della libertà di circolazione e di movimento di una persona che non ha giustificazioni».  «In più – aggiunge l’avvocato – la legge definisce come illecit l’applicazione di misure restrittive diverse da quelle consentite». La privazione del cibo e dell’acqua, non rientra tra le misure consentite. 

Nei giorni subito successivi alla notte passata in questura, Michele si è rivolto al Movimento Omosessuale Sardo e alla Gay Help Line che si sono coordinati per aiutarlo. «Li devo ringraziare per l’aiuto e il supporto soprattutto psicologico che mi hanno dato. Soprattutto nelle prime ore – ha raccontato Michele-, ero completamente sotto shock. Poi siamo andati insieme dall’avvocato che mi ha suggerito il modo migliore per muoversi dal punto di vista legale».
Solidarietà a Michele è arrivata da molte parti: dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, da Vladimir Luxuria, naturalmente dal Mos e dalla Gay Help Line. Ma all’appello mancano nomi noti, come quello di Arcigay Nazionale e del suo Presidente, la cui firma manca anche tra le oltre 12.000 raccolte durante l’iniziativa "Una Medaglia per Maria Luisa"

Tutti e due, Maria Luisa e Michele sono stati vittime di "reazioni soggettive" che una legge contro l’omofobia avrebbe potuto evitare o, quanto meno, considerare un’aggravante. Non sollecitarla e non battersi con tutti i mezzi a disposizione per essa, significa rendere le vittime di questi gesti, vittime due volte.