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Raphael Perez, tele vive a Tel Aviv

Il lavoro dell’artista figurativo israeliano Raphael Perez mira a testare i confini tra arte ed erotismo indagando a fondo l’identità omosessuale. E farlo in Medio Oriente è anche una sfida politica.

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Lo stato di Israele si sta dimostrando sempre più un nucleo pulsante di creatività gay in grado di infondere interessanti stimoli progressisti a quel territorio, per tradizione certamente non aperto alla cultura queer, che è il Medio Oriente. Sempre più, infatti, il territorio israeliano si sta dimostrando una fertile fucina di talenti artistici

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omosessuali (pensiamo soprattutto ai registi Eytan Fox, Tomer Heymann, Lior Shamriz) anche grazie all’impegno di associazioni lgbt particolarmente attive e organizzate come l’Open House di Gerusalemme e il suo ‘illuminato’ presidente, Noa Satat.

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Anche dal punto di vista delle arti figurative, diversi talenti omosessuali stanno imponendosi per innovazione e originalità: è il caso di Raphael Perez, classe 1965, nato e cresciuto a Gerusalemme ma attualmente residente a Tel Aviv, – città ormai considerata una "bolla" a sé stante nel panorama mediorientale per quantità e qualità di imprenditorie artistiche particolarmente creative – dove lavora.

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Dopo aver esposto in gallerie d’arte e centri legati alla comunità lgbt, Perez collabora con varie pubblicazioni quali Ha’ir, Rainbow Magazine e ha esposto in una collettiva anche al Tel Aviv Museum. I temi che affronta nelle sue opere sono strettamente legati alla cultura queer, in particolare relativamente al rapporto di coppia gay, alla genitorialità omosessuale e alla quotidianità relazionale delle famiglie cosiddette "non tradizionali".

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Nei dipinti di Perez il colore rosso è spesso presente e simbolizza la passione virile intesa come dominanza declinata al maschile. I suoi soggetti variano dai nudi erotici – solitamente olio o acrilico su tela – a provocazioni più incisive quali Uomo che dà la vita in cui un maschio ritratto di spalle, senza vestiti, defeca un bimbo vivente.

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Nella sua fase più "naive", Perez ha realizzato dipinti dai colori squillanti debitori delle tecniche puntiniste in cui ironizza sulla microsocietà queer, quali Generation Gay in cui una coppia gay vive duplicata più volte in una sorta di Eden postmoderno oppure Family Dinner in cui due gioiosi papà completamente nudi, seduti a tavola per un pranzo di famiglia, battono le mani contro quelle di un allegro bebè, nudo anch’egli, in un tripudio di cuori rossi riprodotti sulla tovaglia, sulle tende, sul pavimento.

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Particolarmente attivo anche come fotografo, Raphael Perez ama ritrarre "amici e fidanzati" in placide ambientazioni famigliari che ricordano lo stile documentaristico di Nan Goldin oppure farsi fotografare completamente nudo nei suoi luoghi di battuage preferiti.

Il suo intento è quanto mai chiaro: «Lavoro per testare i confini tra arte ed erotismo». E farlo in Medio Oriente significa affrontare una sfida non solo artistica ma anche politica per nulla scontata.