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Registri convivenze: sì di Savona, no di Roseto

Due comuni italiani entrambi amministrati dal centro-sinistra: a Savona il consiglio comunale vota l’istituzione di un registro delle unioni civili, bocciato invece a Roseto degli Abruzzi

Nel corso della settimana due amministrazioni comunali italiane, entrambe guidate da una maggioranza di centro-sinistra, ancora una volta hanno dato prova dell’imbarazzante tentennamento sui temi dei diritti civili che sembra fare da sottofondo all’intero processo di costruzione del Partito Democratico.

In Liguria il Comune di Savona ha compiuto il primo passo per l’istituzione di un registro delle unioni civili nel quale potranno registrarsi anche le coppie gay e lesbiche. Si tratta, naturalmente, di un atto prevalentemente simbolico dal momento che non avrà alcun effetto sullo stato civile delle persone. Il Comune di Savona tuttavia, per quanto riguarda le proprie competenze, terrà del debito conto anche dell’esistenza di coppie conviventi dello stesso sesso. A tale registro si potranno iscrivere “due persone maggiorenni, non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, ma da vincoli affettivi, coabitanti da almeno un anno ed aventi dimora abituale nel Comune di Savona” e “due persone maggiorenni, coabitanti da almeno un anno per motivi di reciproca assistenza morale, affettiva e/o materiale ed aventi dimora abituale nel Comune di Savona”. L’ordine del giorno era stato presentato dall’ex capogruppo dei Ds Roberto De Cia, ora in Sinistra democratica ed è stato votato dalla maggioranza della coalizione, a cominciare dal sindaco Federico Berruti. Adesso la Giunta comunale dovrà rendere operativa la votazione del Consiglio.

Tutt’altra storia invece in Abruzzo, dove il Consiglio comunale di Roseto degli Abruzzi (Teramo) nonostante la larghissima maggioranza di cui dispone il centro-sinistra, ha fallito nell’approvare un provvedimento simile. Ad avanzare la mozione era stato Pasquale Avorio, consigliere comunale del movimento di Sinistra Democratica. Avorio, che ha ricostruito tutto l’accaduto in un intervento pubblicato su Aprile Online, aveva presentato una mozione per l’istituzione di un registro delle unioni civili che avrebbe avuto valore nel solo territorio comunale, non avrebbe interferito con i registri anagrafici e non sarebbe entrato nel merito delle tutele previste dal diritto di famiglia. Un’iniziativa insomma, come le altre nella penisola, più che altro di valore simbolico al fine di incoraggiare il governo centrale e legiferare opportunamente in materia. Purtroppo, spiega lo stesso Avorio, “Tre consiglieri dei DS hanno abbandonato l’aula e il capogruppo dello SDI-Rosa nel Pugno non ha partecipato alla votazione per i suoi principi etico-religiosi. Il capogruppo della Margherita ha indotto strumentalmente una pericolosa confusione o contrapposizione tra famiglia tradizionale e unioni di fatto che sono due modelli di convivenza distinti e separati, adducendo come motivazione del voto contrario che il riconoscimento giuridico delle unioni civili metteva in pericolo l’esistenza stessa della famiglia. Nessuna famiglia tradizionale o naturale può sentirsi minacciata dalle scelte differenti di altre persone. In questo Consiglio si è utilizzata la religione per motivi politici dimenticando che ciascun consigliere non è un emissario di una comunità di fede, bensì un rappresentante di una società civile regolata dalla Carta costituzionale.” Alla fine su 15 consiglieri presenti la votazione si è conclusa con 11 voti contrari (DS, Margherita, FI, AN), 2 favorevoli (Sinistra Democratica, Verdi-Comunisti italiani) e 2 astenuti (SDI-Rosa nel Pugno). Per Avorio i convincimenti religiosi dei consiglieri hanno influenzato il loro voto, mentre, commenta amareggiato, “chi amministra ha il dovere di essere laico perché la laicità non è contrapposizione alla religione o alla Chiesa, ma è sempre esigenza di conoscenza e di confronto con chi la pensa diversamente, è rifiuto dell’omologazione e riconoscimento della ricchezza del pluralismo.” (RT)