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Rimini: in casa CL “dibattito” unilaterale anti Pacs

Vade retro Pacs. Al meeting ciellino la stella di governo dell’Opus Dei, Paola Binetti, promette agli italiani che i Pacs non si faranno e Luca Volontè, dell’Udc, fa un plateale show antigay

RIMINI – Di solito alle tavole di rotonde ci si siede per dibattere su un tema specifico, esponendo il proprio pensiero e ascoltando come la pensano i nostri interlocutori. Per Comunione e Liberazione il concetto sembra essere un po’ diverso, perlomeno quando il tema sono i PaCS, i Patti Civili di Solidarietà. Al meeting di Rimini, in corso in questi giorni, è stata organizzata ieri quella che più che altro è stata una conferenza di persone che la pensano tutte esattamente allo stesso modo. Nessun contraddittorio, nessuna voce fuori dal coro, un solo messaggio: dire no alle unioni di fatto, soprattutto a quelle omosessuali. L’impostazione negativa e “degenerativa” del concetto di unioni di fatto è già chiara sin dal titolo: “Dalla famiglia ai Pacs: una mutazione genetica”. Il teorema che si vuole rappresentare è semplice: da un lato la famigliola felice del mulino bianco, rigorosamente riproduttiva e cattolica, dall’altro le mostruose deformi entità (non osatevi a chiamarle “famiglie”) rappresentate dalle unioni omosessuali, aberranti mutazioni genetiche che mirerebbero ad annientare le suddette felici coppie sposate, per portare al suicidio dell’umanità. Sotto i riflettori Paola Soave, vicepresidente del Forum Associazioni familiari, Caterina Tartaglione, presidente del Sidef, Carmen Carron, leader spagnola della Piattaforma per la famiglia. Ma soprattutto per la maggioranza al governo la senatrice della Margherita-DL Paola Binetti e per l’opposizione il capogruppo alla Camera dell’Udc Luca Volontè.
Paola Binetti è neuropsichiatria, numeraria dell’Opus Dei (lavora al Campus Biomedico dell’Opera) ed è stata presidente del comitato Scienza & Vita, che si adoperò perché vincesse la linea della CEI al referendum sulla fecondazione assistita dell’anno scorso. È anche tra i docenti dell’Università Campus Bio-Medico, che – guarda caso – è una struttura dell’Opus Dei (sul sito internet però preferiscono usare la più altisonante definizione di “opera apostolica della Prelatura dell’Opus Dei”). La senatrice ha cercato il consenso della platea ciellina sin da subito, dicendo chiaro e tondo che «I Pacs non si faranno. Non c’erano nel programma dell’Unione e non sono all’ordine del giorno di questo governo, nonostante le uscite di qualche ministro ed esponente della maggioranza». Per Binetti «Dire di no alle unioni di fatto non significa fare un atto di crudeltà mentale o ignorare il problema, significa invece assumersi precise responsabilità di fronte alle generazioni future e al modello di società che abbiamo in mente. L’uguaglianza di diritti non crea il diritto all’uguaglianza. Una coppia omosessuale è diversa da una coppia eterosessuale: ce lo dice l’evidenza. I diritti individuali sono pari per tutti, quelli delle coppie no. E proprio il senso della ragione stessa ce lo dice». Qualche bordata di fischi (e pure qualche offesa) i devoti ciellini gliel’hanno comunque appioppata, ma non certo per quanto espresso sopra. Più che altro le viene rinfacciato di essersi candidata col centrosinistra e non col centrodestra, scelta che la senatrice Binetti ha giustificato con la propria storia personale e per la sua fiducia nell’alternanza. Certo che se “alternanza” significa passare da un governo con Buttiglione a uno con la Binetti allora proprio vuole dire che sul tema dei diritti delle persone GLBT questo paese è davvero messo male.
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Terminate le contestazioni alla Lady dell’Opus Dei sono iniziati gli applausi scroscianti per Luca Volontè, che ha fatto un discorso populista tutto incentrato sulla presunta “competizione” tra modello di famiglia tradizionale e altre forme di convivenza, che in realtà possono tranquillamente coesistere, come dimostra abbondantemente l’esperienza di tanti paesi. Volontè non si è risparmiato in moralismi, retorica e qualche surreale volo pindarico: «In Italia – ha detto – si sta sviluppando una linea culturale snob favorevole a Pacs e omosessuali, diretta all’eutanasia della famiglia. Dobbiamo invece mobilitarci e farci sentire. A quelli della Vodafone, che pubblicizzano gli spot antifamiglia della sposa che molla lo sposo all’altare per telefonare al cellulare, va detto che se non cambiano pubblicità noi cambiamo operatore telefonico. Anche la Rai dà man forte a questa cultura contro la famiglia, con programmi come “Affari di cuore”, che presentano mogli cornute e mariti con le amanti. Noi dobbiamo dire alla Rai che o cambiano o non paghiamo più il canone. Cominciamo ad alzare la testa, e vedrete che saranno obbligati a tenere conto delle famiglie invece che parlare di divorzi e della bellezza di avere appetiti sessuali minoritari». L’onorevole Volontè sembra avere qualche difficoltà a comprendere che la comunità GLBT rappresenta una minoranza nel paese e ne è consapevole e non aspira affatto a “diventare maggioranza”. Facendo forse qualche conto si numeri del possibile elettorato l’esponente dell’Udc ha continuato dicendo che «Non è possibile che 22 milioni di famiglie, i nove decimi degli italiani, siano calpestati quotidianamente dai media e dalla pubblicità, che privilegiano gay, coppie di fatto e divorzi rispetto alla famiglia. Sui giornali italiani il 90% della pubblicità sostiene il rapporto fluido, quando in realtà, dopo un anno, il 50% delle coppie di fatto si sciolgono. Non pensino i gay di convincere i giovani e le famiglie italiane che il loro sia un modello di società democratica. Se avessimo 22 milioni di unioni gay e 500.000 famiglie, non avremmo futuro in questo Paese». Qualcuno forse dovrebbe provare a spiegargli che i gay non vogliono “convincere” nessuno di niente, né vogliono imporre a nessuno di vivere in modo diverso da quello che sentono o nell’unione che liberamente scelgono. Ma questa libertà di scelta innanzitutto dovrebbe poter esistere, il che non è, e poi dovrebbe essere lasciata ai cittadini stessi, non imposta dai politici.
(Roberto Taddeucci)