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Roma: bocciato il registro delle Unioni

La Capitale non avrà il suo registro delle unioni civili. Il PD fa lievitare i voti contrari a 43. I favorevoli sono solo 12. Quadrana, primo firmatario della delibera popolare: «non finisce qui».

Sono stati solo 12 i voti a favore contro gli oltre 40 contrari. Così è stato definitivamente bocciato il registro delle Unioni Civili a Roma. Decisiva è stata la scelta del partito Democratico di non votare i provvedimenti della sua stessa maggioranza. Assente sia il sindaco Veltroni – ufficialmente "in Abruzzo" – che il vicesindaco.

Sono state respinte, infatti, le due delibere – quella di iniziativa consiliare e quella popolare – e i due ordini del giorno –  quello del Pd e quello della Sinistra -. Stessa sorte, ma era scontato, di quello presentato dalla destra.

Dopo l’esito del voto sono scattate le proteste all’interno della sala consiliare dove erano presenti alcuni esponenti del mondo dell’associazionismo gay, qualche deputato – Angelo Bonelli, Vladimir Luxuria, Massimiliano Smeriglio, Paolo Cento e Francesco Giro – e molti cittadini lì per assistere alla discussione.

Il primo firmatario della delibera di iniziativa consiliare e capogruppo del Partito socialista Gianluca Quadrana assicura che «non finisce qui. Nei prossimi giorni partirà una raccolta di firme per un referendum comunale».

«È un atto grave, perché si sceglie di non sostenere la battaglia per il riconoscimento delle coppie di fatto» – hanno affermato Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma, e Francesca Grossi, presidente di ArciLesbica Roma.

«Se molti gay lesbiche e trans speravano che il Pd potesse significare Pari Diritti, al contrario devono rassegnarsi alla sua traduzione come il ‘Papa Decide’. La politica del Pd è ormai chiaramente ispirata dal Vaticano». Così Luca Liguoro, presidente dell’associazione socialista La Rosa Arcobaleno.

Per Franco Grillini, deputato socialista, «l’esito negativo del voto sul registro delle unioni civili a Roma dimostra quantaltromai che il Pd non è in grado di governare il “dialogo” tra laici e cattolici, se non cedendo a questi ultimi».

Dello stesso avviso Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay che si chiede «come sarà possibile per il futuro, per un partito così importante sulla scena politica (il Pd, ndr), continuare con questi atteggiamenti senza pagarne le conseguenze?»