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Sanremo: “Luca era gay” per un luogo comune

Svelati da Repubblica i contenuti della canzone di Povia. Luca era gay – e infelice – perché la madre era troppo presente. Poi, finalmente, ha incontrato la donna che lo ha “salvato”.

Gay non si nasce: si diventa. Si diventa gay se hai una madre apprensiva, se giochi con le bambole e se frequenti bambine anziché bambini. Ma, cari genitori, nonostante la colpa di aver instillato in vostro figlio il virus dell’omosessualità sia vostra per come gli avete fatto vivere l’infanzia sappiate che la speranza di una redenzione all’eterosessualità è sempre possibile: fate conoscere al giovinotto una bella "lei" che gli faccia cambiare idea e il gioco è fatto.
Se valga anche per le bambine future lesbiche non è dato saperlo. Forse per questo Povia ha pronta un’altra stramba teoria.

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Questa serie di luoghi comuni degni di un manuale di baggianerie sull’omosessualità è il senso della canzone che Povia porterà a Sanremo e che tante polemiche aveva suscitato per il sospetto che l’argomento di "Luca era gay" fosse una presunta guarigione grazie alla religione.

La Chiesa invece non c’entra nulla. Il presunto guarimento ad opera di stregoni cattolici che il titolo faceva temere non c’è. Il brano di Povia è comunque monnezza, come direbbero a Napoli, e le sue teorie oltre a non avere nulla di metafisico non hanno niente nemmeno di scientifico.

E’ Repubblica a svelare in esclusiva il Povia-pensiero e ad alimentare altre polemiche che non faranno altro che sostenere il gioco del cantante: pubblicità, pubblicità, pubblicità. Del resto si è già conquistato un invito a Porta a Porta – unico concorrente di Sanremo a sedere su quelle poltrone prima del Festival -, numerosi articoli di giornale, molti comunicati stampa. Povia ha raggiunto comunque il suo obiettivo.

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Ad adombrare sospetti di operazioni pubblicitarie è stata anche la deputata del PD Anna Paola Concia, che ha definito quella di Povia una «cinica operazione di marketing». «Ignoreremo Povia. In quelle serate, avremo certo cose migliori da fare» ha detto l’onorevole. E Arcigay un’idea già ce l’ha: «Sabato 21 febbraio la nostra gaia felicità inonderà le strade di Sanremo. Questa è la nostra risposta alle vaneggianti teorie per cui si diventa omosessuali a causa di genitori iperprotettivi o assenti, o perché si incontrano anziani pedofili; stupidità e luoghi comuni sostenuti da cantanti stile Povia e dai gruppi integralisti cattolici» ha fatto sapere il presidente Aurelio Mancuso. Mentre per San Valentino lancia il il "Crossing Kisses": «Coppie si baceranno agli incroci delle vie del centro per dare visibilità, nel giorno degli innamorati, alle nostre relazioni che in Italia non hanno ancora alcun diritto e dovere sancito da leggi, ormai presenti in tutta Europa». Duro anche il giudizio di Imma Battaglia (Di’gay project) che chiede: «Sa Povia quanti erano etero e poi si sono dichiarati gay? E lì che fa, dice che erano infelici prima o  dopo?  Solo in Italia  si  può assistere ancora a un livello così basso di ignorante provocazione. E Sanremo si presta per motivi di audience a basso costo. Mentre noi dobbiamo confrontarci con la libertà di espressione. Povia sia libero di dire ciò che vuole, tanto la sua resta solo una canzonetta. Per noi essere gay significa essere felici.»