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Sgarbi traveste il festival gay per ottenere il patrocinio

L’assessore alla Cultura del comune di Milano ha usato un escamotage per far sì che la giunta approvasse la delibera in favore di una rassegna teatrale gay. ‘Liberi amori possibili’ andrà in scena.

Per non incorrere nell’ennesimo scontro tra ‘oscurantisti e illuminati’, forte dell’esperienza dello scorso anno con la mostra ‘Vade retro’, alla richiesta del patrocinio per un festival teatrale omosessuale, Vittorio Sgarbi ha pensato che, per far passare la delibera in Giunta, occorreva un escamotage. Così il titolo della rassegna, dal provvisorio ‘teatro omossessuale’, è diventato ‘liberi amori possibili’, e la parola gay è sparita dal provvedimento, votato "dai miei ignari colleghi – racconta l’assessore – lo scorso 18 aprile". ‘Un’amministrazione civile dovrebbe consentire una rassegna omosessuale, con il rischio di autoghettizzazione che la stessa parola comporta, ma – dice Sgarbi – dopo quanto successo per il cinema gay e la mostra ‘Vade retro’, anche questa manifestazione sarebbe diventata un’occasione di scontro". Così, "ho preso la responsabilità – continua l’assessore – di trovare una soluzione", 

Una sorta di uovo di Colombo identificato in un titolo talmente generico da coprire qualsiasi manifestazione di pluralità sessuale e nell’eliminazione, dalla delibera, della parola omosessuale. "Se avessimo scritto la parola ‘gay’, la delibera – stigmatizza – sarebbe rimasta ferma lì per mesi, invece, così, è passata con la vaselina’. Il trucco, però, non soddisfa del tutto il mondo gay, come ha fatto notare un suo esponente: "è vero, sarebbe giusto che il problema non si ponesse, ma anche se la Moratti privatamente pranza con amici gay, questa amministrazione – spiega l’assessore – sente di rappresentare un elettorato cattolico e, nella parola omosessuale, c’è una sorta di antagonismo alla cultura cattolica, perciò, per la Giunta di centro destra, dire ‘gay’ è come dire "voglio fare qualcosa contro la chiesa".

"Insistere sulla definizione di teatro gay significava cercare lo scontro" insiste Sgarbi, spiegando che per lui, invece, "tutto è normale, anche la diversità. "E speriamo che anche la Giunta – auspica – capisca che l’omosessualità è normalità". Al vicesindaco Riccardo De Corato, poi, "ho detto che siamo io e lui la minoranza: Milano è la città di Ronconi, Testori, Visconti, Versace, Armani e Dolce e Gabbana, qui se uno non è omosessuale – ironizza – è visto come diverso. Credo ci sia un equivoco sull’elettorato cattolico: tra poco saranno loro un ghetto". Lui, poi, per esperienza personale racconta che "sono almeno tre anni che non incontro ragazze che non siano lesbiche: sotto i 20 anni è un’opzione regolare".

Da quando è assessore, comunque, Sgarbi si è accorto che "ci sono resistenze culturali e ideologiche: non basta la cultura a far passare tutto. Anche per la mostra ‘Vade retro’ non volevo provocare nessuno, solo – spiega – togliere dall’oblio Palazzo della Ragione". Anche ‘Liberi amori possibili’, in scena al Libero dal 2 maggio con 8 spettacoli che affrontano diversi temi, dalla coppia lesbica al padre che scrive alla figlia per informarla dell’intenzione di cambiare sesso, "non vuole essere una battaglia sui principi, ma – afferma Francesco Di Rienzo del Libero – una rassegna a tema".
Tema che, per ottenere il patrocinio, negato dalla Regione Lombardia e ottenuto senza problemi dalla Provincia, "a Palazzo Marino – scherza Sgarbi – è stato travestito".