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Società: i danni di bullismo e omofobia nelle scuole

Serve una campagna di sensibilizzazione e educazione nelle scuole per combattere il pregiudizio e l’ignoranza dai quali nasce l’omofobia. Nel Regno Unito parte una campagna.

LONDRA – Sui muri di quante scuole c’è scritto “Tizio frocio”? Quali esperienze di vita scolastica quotidiana devono fronteggiare i giovani adolescenti che cominciano a capire di essere attratti da persone del loro stesso sesso? Che ripercussioni hanno sul piano psicologico l’omofobia e l’eterosessismo? Il sistema educativo aiuta questo circa 5% di alunni e alunne “diversi” o li abbandona a se stessi, non proteggendoli in alcun modo da attacchi, verbali o fisici? Il problema esiste in ogni parte del mondo per il semplice motivo che “quei” 5 individui ogni 100 sono presenti ovunque. Per affrontare l’argomento bullismo e omofobia in ambito scolastico l’associazione inglese GLBT (Gay, Lesbica, Bisessuale e Transgender) Stonewall comincerà a distribuire dalla fine di settembre un DVD destinato agli insegnanti delle scuole secondarie superiori della Gran Bretagna. Si tratta di un video di 18 minuti intitolato “Spell It Out” e che fa parte di una più ampia campagna intitolata significativamente “Education For All”. Il cortometraggio è ambientato in un istituto immaginario nel quale studenti e insegnanti si confrontano con il desiderio di poter avere una tranquilla esistenza quotidiana. Non sanno se fare coming out – ovvero dirlo apertamente – oppure no, autorelegandosi in una sorta di semi clandestinità che non fa altro che rinforzare il concetto, caro a certi ambienti, che essere gay sia una cosa di cui vergognarsi, da nascondere. Per i docenti uno dei punti essenziali che il video vuole sottolineare è che è sbagliato presumere che tutti siano eterosessuali, in quanto statisticamente in ogni classe ci si sono uno o due alunni che non lo sono. E questo, per ovvii motivi, vale sia per le scuole pubbliche che per gli istituti privati.
L’esistenza di una cultura omofoba ed eterosessista è alla base della morte di tre giovani inglesi e che ha fatto emergere il problema. L’assassinio del giovane Damilola Taylor, il pestaggio a morte di Jody Dobrowsky e il suicidio della tredicenne Laura Rhodes hanno scosso il Regno Unito e messo in evidenza le circostanze nelle quali questi casi sono maturati, ciò che vi stava a monte. Intervistato dal supplemento educativo del britannico The Guardian Gary Rowland, coordinatore di un gruppo di supporto per giovani gay e lesbiche, ha commentato assai positivamente l’iniziativa perché, ha spiegato, «Sebbene le scuole comprendano di avere l’obbligo di proteggere i loro studenti da ogni forma di bullismo la triste verità è che questo non sempre succede quando si ha a che fare con fatti legati all’omofobia. La maggior parte dei giovani coi quali lavoriamo lamentano che i bulli potevano dire quello che volevano e farla franca.»
I promotori della campagna vogliono che il governo combatta con più decisione questi fenomeni degradanti e hanno criticato la scarsissima diffusione data alla pubblicazione “Stand Up For Us”, realizzata dal Dipartimento dell’Educazione lo scorso anno e che trattava il fenomeno del bullismo omofobo. Un altro documento realizzato a cura del governo, “Every Child Matters”, ometteva l’argomento completamente. Alan Wardle, di Stonewall, ha detto però che da quando Alan Johnson ha preso il posto di Ruth Kelly come responsabile all’educazione (education secretary) la collaborazione è sensibilmente aumentata. «Lui è molto d’aiuto», ha commentato Wardle. Ruth Kelly evidentemente aveva un atteggiamento ben diverso su certe tematiche. La cosa non sorprende. Pochi mesi fa su Tony Blair si era abbattuta una pioggia di critiche per avere nominato a capo del ministero per l’uguaglianza e le pari opportunità proprio la signora Kelly, seguace della setta fondamentalista cattolica dell’Opus Dei, le cui posizioni arcaiche e degradanti sull’omosessualità sono ben note.
(Roberto Taddeucci)