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SPECIALE ROMANIA – 1) UNA SPERANZA AD EST?

Dopo anni di repressione, arresti e violenze, il governo rumeno decriminalizza l’omosessualità e vara una legge antidiscriminazione. Costretto dall’Europa. Ma i problemi sono ancora enormi.

BUCAREST – Dopo anni di repressione e violenze, delazioni ed arresti, detenzione ed emarginazione, il governo rumeno decriminalizza l’omosessualità e vara una legge antidiscriminazione. Ma non è tutto oro quello che luccica.

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La Romania è quello stato dalla forma di pesce che si sdraia fra la Jugoslavia e il mar Nero. E’ uno dei paesi più poveri d’Europa; lo crediamo coperto di campagne brulle e di case abbandonate. La sua gente nel nostro immaginario si veste di stracci, perché questa è la terra che Ceausescu mise in ginocchio e che oggi ospita nelle sue fognature migliaia di bambini di strada. Ma la speranza di democrazia che attraversa il Paese si misura anche con una maggiore attenzione ai diritti dei gay: la prima legge antidiscriminazione della Romania. A febbraio del 2002 è stata approvata una legge importantissima che, tanto per intenderci, l’Italia non ha. Bisogna sapere che l’articolo 200 del Codice Penale rumeno considerava l’omosessualità un reato. Chi lo infrangeva ed incontrava un poliziotto zelante, conosceva senza complimenti le mura e le sbarre delle patrie galere. Nel 1998, solo quattro anni fa, oltre un centinaio di omosessuali erano in carcere, colpevoli di essere quello che sono. La delazione naturalmente imperversava ed il Codice Penale, così terribilmente violento e discriminatorio, venne usato come strumento dissuasivo e punitivo per decenni.

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L’articolo 200, al contrario di molte altre leggi nazionali, non morì con Ceausescu. Il governo Socialdemocratico, in carica dalla fine della dittatura al 1996, e quello Cristianodemocratico, dal 1996 al 2000, non trovavano inadeguata l’esistenza di una norma tanto repressiva ai danni di una minoranza mite come quella omosessuale. Per questa ragione, l’articolo 200 è passato attraverso governi di orientamento diverso, ed è arrivato tranquillamente fino al 2002. Ma non bisogna credere nemmeno che la nuova legge antidiscriminazione sia stata voluta dal governo attuale in preda ad una spinta democratica e tollerante senza freni. L’attuale governo di centrosinistra non avrebbe mai messo mano al Codice se non avesse subito inviti e pressioni forti da organizzazioni interne e da strutture internazionali in grado di dare o no a questo paese il credito che cerca. Iliescu, l’attuale presidente, dichiara a giorni alterni cose contraddittorie su quasi tutto. L’opportunismo politico è abbastanza dominante in questa terra dove, come in Italia, il cittadino e i suoi bisogni sono spesso un fastidioso sassolino nella scarpa. L’opposizione sociale interna, a dire la verità, è sempre stata abbastanza debole ed ascoltata solo quando era impossibile fare orecchie da mercante.

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"Accept" è l’unica organizzazione rumena che per anni ha spinto il governo a riflettere sul bisogno di cambiare la legge. Si tratta della sola organizzazione rumena che si occupi di diritti umani dei gay e delle lesbiche. Perché per anni la voce di "Accept" è rimasta inascoltata mentre oggi, in fretta e furia il governo cancella l’articolo 200 del Codice Penale? Perché con la premura del ladro che fugge, questo governo vara una legge antidiscriminazione che fra le altre minoranze da proteggere indica in modo esplicito anche chi ha un "diverso orientamento sessuale"? Perché tutto questo non è accaduto per gradi? Perché non prima di oggi? Se credessimo ai miracoli, penseremmo che il governo di Iliescu ha finalmente visto "la luce" e si è messo a fare il proprio lavoro, in altre parole occuparsi della gente. Ma con tutto rispetto per i miracoli e i miracolati, in questa pentola c’è altro che bolle.

La Romania, secondo EuroNews, conta di entrare a far parte dell’Unione Europea già dal 2007. Le città rumene, da Bucarest a Timisoara, ad Oradea fino a Costanza, sono di una bellezza e di un ordine davvero eccezionale.

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La corruzione non viene più ostentata come qualcosa di comune ed i dati ufficiali sulla disoccupazione danno del fenomeno un quadro talmente ottimista da far venir voglia di invitare qui i disoccupati italiani: troverebbero l’America. La realtà naturalmente è un’altra. Nonostante gli sforzi fatti da Bucarest, questo paese è ancora pieno di problemi e non basta nascondere la realtà attraverso dati fasulli per rendere il paese più florido, ma ad altri livelli questa manovrina può aiutare. Siccome i problemi strutturali non sono semplici da correggere, Iliescu deve aver pensato di buttarsi a pesce su cose considerate "minori" ma che possono dare credito al suo governo presso l’Europa dei ricchi.

Dal 1993 il Consiglio d’Europa chiede al governo di Bucarest di eliminare l’articolo 200 del Codice Penale. Il governo rumeno non se n’è mai occupato. Da quel momento incomincia la campagna di pressione interna ad opera di "Accept" e diventano sempre più pressanti le richieste di adeguamento agli standard occidentali presentati dalla Commissione Europea.

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Per anni Bucarest ha fatto dei passi abbastanza timidi fino a quando, a febbraio di quest’anno il Monitorul Uffical (la Gazzetta Ufficiale rumena) ha pubblicato il testo della nuova legge antidiscriminazione.

Il tempismo fa un po’ sorridere e non lascia spazio alla buona fede. Questa legge, e la precedente eliminazione dell’articolo 200 del Codice Penale, segnano un passo importante nella storia democratica e civile di questo paese, ma questa scelta non è stata presa spontaneamente dal governo di Iliescu, bensì imposta dall’Unione Europea e sostenuta da molte organizzazioni internazionali oltre che da "Accept". Bucarest naturalmente avrebbe potuto insistere nel fare orecchie da mercante, ma probabilmente si sarebbe giocata la possibilità di immaginare il proprio ingresso in Europa. E chi è fuori, è fuori.