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“Speed Date”, funziona?

Alcuni amici mi hanno consigliato di cercare un fidanzato “fuori dai soliti giri”. Un altro ha partecipato ad uno “speed date”. Il giro, però, finisce sempre per essere il solo. Non ce ne sono altri.

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C’è solo una cosa più insopportabile che essere semplicemente single, ed è ascoltare amici e colleghi che sentendoti lamentare della tua singletudine ti esortano a cercartelo fuori dai "soliti giri". Evidentemente chi consiglia una cosa del genere non ha ben presente il panorama dell’ambiente gay: potrai incontrarli all’aperitivo in centro; nella discoteca a tre piani; sulle chat o al brunch alternativo della domenica e possono indossare di volta in volta la polo bon ton; la canotta emostatica o una t shirt oversize sovrastata da un ciuffo antigravitazionale, ma tanto quelli che girano sono sempre gli stessi (ad eccezione degli stranieri che tanto poi ripartono, quelli mai visti prima perché appena usciti da una storia di 10 anni e che quindi di tutto hanno voglia meno che rimettersi in coppia e quelli che hanno appena scoperto di essere gay con i quali al massimo finisci per fare da mentore e ti scaricano subito dopo il corso d’aggiornamento per mettere in pratica con altri quello che hanno imparato da te).

Con l’ossimoro di disincanto maturo e aspettative adolescenziali, il mio amico Emiliano ha partecipato sei mesi fa a uno speed date, convinto che i fidanzati non cadano dal cielo ma vadano cercati con la stessa perizia con la quale si cerca un lavoro. L’incontro era stato preparato da un’organizzazione per gay "benestanti" che sa tanto di loggia massonica impenetrabile, salvo poi ammorbidire gli standard d’ingresso includendo anche comuni camerieri purché tanto attraenti da compensare il fatto che non dirigano un’impresa multimilionaria. Erano una sessantina di partecipanti divisi in due gruppi: pari e dispari. I primi disposti lungo un tavolo come una commissione d’esame; i secondi impegnati come api impollinatrici a spostarsi da una postazione all’altra. Dopo ogni incontro i "professional" erano invitati a riempire le loro schede sull’impressione avuta dell’altro segnando accanto al numero corrispettivo: "sì", "no", "amico", "neppure se unico superstite a un inverno nucleare".

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Mentre il mio amico mi racconta le dinamiche d’abboccamento, nella mia mente inizio a scorrere il calendario cercando di individuare il primo ponte disponibile per poter prendere un volo alla volta di Londra per iscrivermi al prossimo incontro (sebbene sia tutto fuorché un "professional") con le stesse aspettative di un pellegrino affetto da una grave malattia che si dirige verso un santuario mariano. Gli faccio così tante domande che a un certo punto mi chiede: "Ma perché da voi non si fanno?", e non lo dice con quell’aria di stupore che hanno molti emigranti che dopo 3 settimane a Londra si sentono già sudditi di Sua Maestà dimenticando i propri usi, costumi e, soprattutto, la lingua, ma semplicemente perché essendo partito dalla Sardegna non conosce il profondo "paesanesimo" dei gay capitolini (e forse neppure solo il loro) che, qualora mai si organizzasse qui uno speed date, ti risponderebbero: "io a uno speed date? Ma che sei matto? Ma che imbarazzo!" (cosa che sparisce poi del tutto quando si tratta di ben altre situazioni).

Nonostante però le 60 sterline necessarie per l’iscrizione, ovviamente, non c’è la garanzia di successo (quelle le assicurano solo altri tipi di mercanteggiamenti intavolati con chi vende amore per professione) perché quando gli chiedo: "E tu quante mail hai ricevuto?". Mi risponde: "nessuna". E questo perché nonostante tutti vadano lì con lo stesso proposito teorico di trovare un fidanzato, cosa che del resto ti direbbe chiunque anche se glielo si chiedesse all’uscita da una sauna, alla fine ben pochi sono disposti a mettersi davvero in discussione.

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Deluso, sempre mentalmente, sto per disdire il mio volo per la capitale inglese quando ecco che il mio amico aggiunge quell’informazione che solitamente nei film fa riaffiorare la speranza tipo: l’aereo sta precipitando, i piloti sono morti, la carlinga è divelta MA uno dei passeggeri dice di aver fatto il militare in aviazione e può portare tutti in salvo, ovvero: "ho rimorchiato un altro ragazzo disparo come me che, per la regola dello speed date, non avrei potuto intervistare". Ma certo, che sciocco che sono stato. Come potevo pensare che un gay si accontentasse di conoscere solo 30 ragazzi quando ce ne sono altri 29 disponibili!

Così aggiunge che alla fine sono usciti da lì per bere una cosa e per un bel po’ si sono frequentati il che, alla fine, non sarà la storia di una vita ma come si dice in questi casi: è sempre meglio di una martellata sull’alluce.

di Insy Loan ad alcuni meglio noto come Alessandro Michetti