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SPOSI IN CATALOGNA

La Spagna batte l’Italia sul terreno delle coppie di fatto omosessuali: con una legge del 1998 il parlamento calalano è stato il primo in un paese latino ad approvare quasi all’unanimità una legge che può essere presa a modello

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Joseph e Pablo escono dall’ufficio del notaio mano nella mano, felici, circondati da amici e familiari. Da oggi in poi sono ufficialmente una coppia. Di fronte alla legge sono “un’unione stabile di coppia formata da persone dello stesso sesso che convivono maritalmente e manifestano la loro volontà di accettarsi nella forma prevista dalla legislazione”.
Ció non accade né in Olanda né in Danimarca ma nella cattolica Spagna, precisamente in Catalogna. L’11 giugno 1998, infatti, ìl Parlamento catalano ha approvato quasi all’unanimità la legge sulle coppie di fatto omosessuali, la prima in assoluto in un paese latino, che precede di vari mesi l’omologa legge francese.
Si tratta quindi di un’evento importantissimo per la comunità gay mediterranea che lotta per uno sviluppo legislativo simile a quello dei Paesi Nordici in tema di riconoscimento delle coppie omosessuali.

Essendo una legge del Parlamento catalano si riferisce naturalmente all’ambito di competenze della Generalitat, il governo della Catalogna, che comunque sono notevoli.
Questa è la ragione, come spiegano all’Assessoria Giuridica dell’associazione gay “Casal Lambda”, per cui non esiste un registro delle coppie gay ma è necessario un accordo firmato davanti al notaio. La legislazione anagrafica è di competenza statale e se il Parlamento catalano avesse stabilito un registro pubblico, l’intera legge avrebbe potuto essere impugnata per incostituzionalità.
I requisiti per poter costituire una coppia di fatto sono: la mggiore etá, non essere né sposati, né legati ad un altra persona come coppia di fatto e la mancanza di qualsiasi relazione di consanguinetà o di adozione.
Le conseguenze piú importanti sono quelle relative ai reciproci doveri di assistenza e solidarietà e quelle di diritto successorio.
I due “mariti” (curiosamente la legge parla di convivenza maritale anche nel caso delle lesbiche) devono contribuire e fare uso della casa comune in funzione del loro livello di vita e hanno l’obbligo di contribuire alle spese alimentari, per migliorie della casa, mediche e sanitarie. Nel caso che uno dei due sia dichiarato incapace, l’altro sará nominato rappresentante legale. La casa e i mobili, non importa chi ne sia proprietario, non si possono vendere senza il consenso di entrambi.
Per quanto riguarda invece il diritto successorio, il convivente supersite avrá diritto a una parte dell’eredità che va dal 25% al 100% e che dipende dalla presenza di altri familari e dall’esistenza o meno di un testamento.
In ogni caso il vedovo ha diritto alla proprietá dei mobili e delle suppellettili, a vivere nell’abitazione comune durante l’anno seguente alla morte del compagno e a surrogarsi nel contratto di affitto se questo era intestato all’altro.

L’unione si scioglie o per comune accordo, o per dichiarazione unilaterale di fronte al notario, per separazione di fatto di piú di un anno e in caso di matrimonio di uno dei due. Il divorzio comporta l’obbligo a carico del piú ricco di mantenere fino a tre anni l’altro nel caso quest’ultimo, a causa della seprazione, abbia subito una diminuzione economica. E se uno dei due a lavorato per l’altro senza retribuzione ( si considerano lavori anche tenere la casa pulita, cucinare, lavare i piatti ecc., ecc.) ha diritto a un indennizzo.
Ulteriore conseguenza del divorzio è il divieto di costituire un’altra coppia di fatto prima che siano passati sei mesi.
Oltre alla legge stessa, importante è il modo in cui è stata studiata e approvata. In fase di preparazione sono state infatti consultate varie associazioni gay e, elemento degno di essere sottolineato, l’assessore che ha portato la proposta di legge in Parlamento appartiene a “Unió”, il partito politico catalano corrispondente ai democristiani! L’unico gruppo parlamentare che ha votato contro la legge è stato il Partido Popolar dell’attuale presidente del governo José Maria Aznar, che a Madrid ostacola l’iter delle due proposte di legge sulle coppie omosessuali attualmente allo studio.Una legge statale risolverebbe le mancanze di quella catalana, specialmente in tema fiscale, di diritto del lavoro e di previdenza sociale. Per le tasse, per le pensioni, nelle liste per avere una casa popolare, nella tutela del lavoro, la coppia omosessuale non esiste.

In un punto peró la legge catalana è addirittura piú avanzata rispetto alle legislazioni in tema di coppie gay del resto del mondo. É l’unica infatti che non vieta espressamente il ricorso alla fecondazione assistita alle coppie omosessuali: solo in Catalogna due lesbiche possono ricorrere alla inseminazione artificiale attraverso le strutture pubbliche.
A tutti e tutte coloro che vorrebbero godere di questo diritto, come di tutti gli altri previsti dalla legge sulle coppie omossessuali, è doveroso ricordare un ultimo, ma fondamentale, requisito: uno dei due “mariti” deve essere catalano!

di Silvio Ajmone – da Barcellona