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STORIA DELLA MOZIONE INFAME

Brescia: no alle unioni civili. Una brutta vicenda da profondo Nord, dove il calcolo politico di destra e sinistra bastona i diritti dei gay.

BRESCIA – Bocciatura senza appello per l’ordine del giorno che avrebbe istituito un registro delle unioni civili a Brescia. Quando si discute di diritti nella città lombarda, tutto diventa possibile, anche che una maggioranza di centro sinistra (DS, Popolari, Verdi e SDI) faccia il gioco dalla minoranza (FI, Lega, AN) e venga, forse volontariamente, battuta. Eccovi la storia dell’ordine del giorno ‘infame’.

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Il 5 Aprile scorso il consigliere comunale del PSDI di Brescia Roberto Gabana (foto) ha presentato una mozione che invitava il Consiglio Comunale ad “ad istituire un elenco delle Unioni Civili presso un apposito Ufficio” destinato a “persone non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, ma da vincoli affettivi, coabitanti da almeno un anno ed aventi dimora abituale nel Comune di Brescia”.

Tale proposta partiva dall’evidenza che sempre meno coppie eterosessuali accedono al matrimonio istituzionale, ma che, nonostante ciò, costituiscono nuclei famigliari. Tali nuclei non hanno gli stessi diritti (eredità, adozione, visite carcerarie, visite ospedaliere, accesso all’edilizia popolari e altro) delle famiglie tradizionali ed abbisognano di tutela. Oltre a questo, l’ordine del giorno avrebbe permesso l’iscrizione al registro anche alle coppie di omosessuali, che evidentemente sono legate da vincoli affettivi, e che rivendicano, a ragione, gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. Infine, un pronunciamento comunale favorevole avrebbe cancellato l’onta di una mozione discriminatoria presentata a Brescia nel 1998 da AN che impegnava esplicitamente il Consiglio a “rifiutare qualsiasi formalizzazione delle coppie di fatto”. Si voleva tutelare il valore della famiglia “così come riconosciuta dalla costituzione” anche in considerazione che all’epoca “in più municipi” era “stata approvata l’istituzione del registro…con il quale si formalizza il legame di convivenza, perfino fra omosessuali”. A Brescia questa mozione omofoba ebbe “perfino” la maggioranza di voti favorevoli. Ma torniamo alla proposta di Gabana che suscità interesse.

La stampa locale ne parlò, l’Arcigay della città si attivò per una raccolta di firme e lo SDI, partito promotore dell’iniziativa, organizzò una conferenza, molto partecipata, per parlare alla cittadinanza della questione. All’appuntamento emerse che il registro di Brescia, come i registri di Pisa e di altre città, avrebbe avuto un valore simbolico. Senza un pronunciamento del Parlamento, le leggi hanno valore gerarchico, gli iscritti non avrebbero potuto acquisire diritti reali. Nonostante ciò le unioni civili a Brescia avrebbero costituito un primo passo verso l’eliminazione di palesi discriminazioni, avrebbero aggiornato il dibattito sulla minoranza omosessuale e la maggioranza di centro sinistra, che ha raccolto anche voti ‘di genere’, avrebbe potuto dimostrare di essere vicina alle istanze dei gay.

Dopo la curiosità iniziale l’interesse scemò e per mesi l’ordine del giorno rimase ad attendere di essere discusso, insieme a numerose altre mozioni, fino alla mezzanotte di venerdì 20 settembre. Lungo questo periodo Roberto Gabana ci ha confessato di aver subito pressioni, per ritiralo. In una maggioranza di separati in casa come quella bresciana (i Popolari contrari alle coppie di fatto, i DS favorevoli sulla carta e i DS cattolici come il sindaco Corsini la cui posizione sul tema, come vedremo, è molto dubbia) la questione poteva portare alla spaccatura. Inoltre il mandato comunale scade a breve e nella città si respira già un clima pre elettorale.

Ma veniamo all’aula che venerdì 20 settembre a mezzanotte non offriva un’immagine edificante. Era tardi, le mozioni vengono discusse alla fine del consiglio, molti consiglieri si erano ormai alzati dagli scranni dopo una dura giornata di dibattito. Un leghista sventolava l’ordine del giorno sotto il naso a Gabana come a dire ‘e con questo come la mettiamo’ e dal centro sinistra il consigliere riceveva l’invito di desistere ci sarebbe stato spazio per la mozione un’altra volta. Inflessibile Gabana ha preso parola si rischiava, a suo dire, di dover attendere ancora mesi per discutere. Tutti, di malavoglia, si sono riseduti. Il sindaco Corsini, dei DS, aveva già abbandonato l’aula privando l’ordine del giorno di un voto importantissimo. Contrario alle coppie di fatto? La sua uscita di scena la dice lunga in un frangente in cui si sarebbe giocato su maggioranze risicate.

Il discorso di Gabana è stato incisivo. Il consigliere ha esordito affermando che esiste l’evidenza sociale che l’unione di fatto vada regolarizzata. Lo sostengono le indagini sociologiche, lo sostiene il Parlamento Europeo e molti parlamentari italiani. Il consigliere ha poi difeso il registro affermando di non “voler togliere diritti a qualcuno per darli ad altri, ma riconoscere che ci sono altri tipi di coppie e di famiglie…degne di diritti e tutela” anche perché “troppe persone uomini, donne, molti separati, vedovi, pensionati che pagano le tasse vengono considerati di serie B e i loro sentimenti sentimenti di serie B”. Infine ha concluso citando Roberto Romboli, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa che assicurava i Comuni sulla costituzionalità dei registri “L’iscrizione a tali registri – infatti – non verrebbe affatto ad assumere carattere costitutivo di status ulteriori…ma solo effetto di pubblicità ai fini ed agli scopi che l’amministrazione comunale ritiene meritevoli di tutela”.

Dopo di lui, per la minoranza, è intervenuto il capogruppo della Lega, l’avvocato Galli secondo il quale il registro sarebbe una “presa in giro” in quando mancano politiche statali che garantirebbero diritti reali. La Lega inoltre è per la famiglia basata sul matrimonio tradizionale e secondo il consigliere la mozione costituisce soltanto un tentativo dei socialisti bresciani di raggranellare voti “di un certo tipo”. Il suo gruppo avrebbe votato compatto contro la proposta.

Poi ha preso parola il Capogruppo di Forza Italia Adriano Paroli che dopo aver sostenuto che bisogna tener conto della realtà sociale ha riconosciuto che in “situazioni difficili e dolorose” come quelle di coppie dello stesso sesso avvertiva pudore e rispetto, ma non si sentiva di offrire un riconoscimento istituzionale. Anche il voto del suo gruppo sarebbe stato contrario alla proposta.

I popolari della maggioranza, con il consigliere Maurizio Bestagno, hanno invitato a trattare la questione “laicamente” anche perché “esistono omosessuali morali e immorali, esattamente come esistono eterosessuali morali e… scusate il termine… puttanieri”. Detto questo però ha invitato ad un voto secondo coscienza. Lui avrebbe votato contro la proposta.

Unico intervento favorevole, oltre a quello di Gabana, quello del consigliere dei Democratici di Sinistra Adriano Taglietti che, parlando chiaramente di omosessualità, ha sostenuto l’utilità di gettare un seme affinché si giunga alla affermazione di diritti positivi.

Ma veniamo al voto. Dei 25 consiglieri presenti 11 sono risultati favorevoli alla proposta e 13 contrari con un solo astenuto. A Brescia niente coppie di fatto. Analizzando la votazione non stupisce il voto contrario di Forza Italia, lo stesso pomeriggio un quotidiano locale aveva pubblicato una lettera di “Forza Italia Giovani” sull’importanza della laicità dello Stato, e nemmeno il voto contrario dei cattolici e della Lega. Stupisce l’assenza di consiglieri dei Democratici di sinistra, del sindaco DS, il voto contrario alla mozione del loro capogruppo al consiglio comunale, Billante Maurizio, e l’astensione alla votazione di Maurizio Tolotti che dei DS è anche deputato. Eppure l’istituzionalizzazione delle coppie di fatto è nel programma politico dei DS…La vergognosa vicenda della mozione infame si chiude qui.

Il giorno dopo un quotidiano locale “Bresciaoggi” ridicolizzerà la questione affermando che Roberto Gabana ha avuto il suo momento di gloria prima che tutti andassero a dormire. La ciliegina , amara, sulla torta l’ha messa Arcigay “Orlando” di Brescia con un comunicato stampa nel quale pur “esprimendo rammarico per l’esito negativo della votazione” intende “manifestare il proprio apprezzamento anche per chi, pur esprimendo un voto contrario sul merito della proposta, ha saputo cogliere nel dibattito un’occasione di confronto democratico e di maturazione civile”. Ci voleva, in questa triste storia, un ringraziamento anche ai propri carnefici. Anche questo è Brescia.

Sicuramente un registro solo simbolico può essere considerato prematuro e poco utile ma la vergogna di questo voto rimarrà agli annali a dimostrare che quando prevale il calcolo politico anche la discriminazione non ha il colore di un partito. Li ha quasi tutti.

di Stefano Bolognini