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TOGAY: E’ QUI LA CINEFESTA?

Si apre una delle edizioni più ricche del Festival del Cinema a tematica omosessuale di Torino. Inizio scoppiettante con corti e cartoon, deludente con Culkin in “Party Monster”.

TORINO – C’è aria di festa al Togay. Una frizzante atmosfera da grande ritrovo informale ha accolto gli spettatori della Multisala Teatro Nuovo all’inaugurazione di ‘Da Sodoma a Hollywood’, edizione numero 19, davvero ‘monstre’ per la quantità di film presentati e la diversificazione degli eventi. Sala strapiena, applausi scroscianti ai politici presenti (l’assessore alla cultura Fiorenzo Alfieri e Marziano Marzano, primo sostenitore dell’evento), un leggero disappunto per la mancanza di Cinzia Leone che doveva presentare la serata.

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Dopo i convenevoli di rito del direttore Giovanni Minerba e la presentazione delle giurie, ecco la tradizionale sigla con le due coppie etero che al cinema si scoprono gay: gli anni passano, è sempre bellissima.
Segue un cartone animato fulminante, l’olandese ‘Powerplay‘ di Greg Lawson, tratto alla Mordillo e ironia spietata: quattro minuti per una seduzione leather tra due uomini d’affari, uno possente ma minidotato e uno gracile e voracemente passivo. Risate, risate, risate.
Lo stesso non si può dire per il deludente film d’apertura, ‘Party Monster” di Fenton Bailey e Randy Barbato, storia vera di un promotore di eventi nella New York (post)warholiana, tale Michael Alig che diventò famoso grazie ai finanziamenti del boss con occhio bendato Peter Gatien (Dylan McDermott) ma cadde in disgrazia quando si scoprì che aveva assassinato il suo spacciatore Angel (che alle feste indossava sempre un paio di ali colorate), lo aveva fatto a pezzetti e gettato nell’East River.

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E’ vero che Macaulay Culkin funziona abbastanza nei caleidoscopici panni dell’estroverso leader dei ‘Club Kids’ e sembra essersi divertito non poco a indossare costumi coloratissimi e trucchi sgargianti che cambiano a ogni scena e pare non cresciuto, infantile quasi come in ‘Mamma ho perso l’aereo’, a suo agio nel ruolo supereffemminato del protagonista, ma il progetto è minato da un grave errore formale: è stato girato in una ventina di giorni (troppo velocemente, con sciatteria) e in video, formato inadatto a rendere la bellezza cromatica dei vestiti alla base delle idee per i party di Alig.

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Ecco quindi prendere vita la festa di sangue, con mostri tinta emoglobina e cervelli scoperchiati; la festa del dottore, con infermiere e pazienti inflebati a cui vengono regalate pasticche allucinanti; un illegale truck-party, delirante ammucchiata all’interno di un autoarticolato guidato da Christina, travestito strafatto impersonato da un irriconoscibile Marilyn Manson; una festa a base di cheeseburger per 200 persone in un fast food preso d’assalto da un’ondata di costumi carnevaleschi. Poi droga, tanta droga, un soggetto sempre a rischio noia in un film: eroina, acido, ecstasy ma soprattutto Special K.
I rapporti umani del protagonista si riducono all’amicizia un po’ puerile col socio-convivente James St. James (un caricato Seth Green) dal cui libro ‘Disco Bloodbath’ è tratto il film (Alig gli fa scherzi continui: gli fa bere la sua pipì e gli sputa addosso mentre è addormentato) e all’appena accennato legame con Gitsie, una groupie sua fan impersonata da Chlöe Sevigny (pare che Alig fosse bisessuale).

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Il successo mediatico del protagonista sembra poi limitarsi a comparsate televisive e l’omicidio dello spacciatore pare un incidente quasi immotivato a cui dà un contributo fondamentale un amico di Alig in preda a crisi allucinatoria. Applausi moderati per una storia con poco ritmo e non appassionante. Macaulay Culkin, che ora ha 23 anni e una fortuna stimata di circa 30 milioni di dollari dopo la rottura col padre Kit che gestiva le sue finanze, ha dichiarato che gli è tornata la voglia di recitare: ha girato anche ‘Saved‘ diretto da Michael Stipe dei Rem e probabilmente ha completa libertà di scelta sui film da interpretare. Intanto anche i fratelli Rory, 14 anni, e Kieran, 21, hanno seguito le orme del fratello e sono apparsi rispettivamente in ‘Signs’ e ‘Le regole della casa del sidro’.

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A seguire si è visto anche ‘D.E.B.S.‘ di Angela Robinson, un fuoriprogramma presentato come “omaggio agli spettatori del festival”, un film nato come ampliamento di un cortometraggio della stessa regista presentato l’anno scorso al Togay. ‘D.E.B.S.’ è una divertente parodia delle Charlie’s Angels con spruzzate di ‘Nikita’ e ‘Mission impossible’: quattro fascinose liceali sono le componenti di una squadra segreta paramilitare che deve scovare la supercattivona Lucy Diamond (nel corto era Lucy in The Sky). Una di loro però si invaghisce del nemico e non sa come rivelarlo alle compagne.

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Leggero e innocuo come tanti ‘teen movies’ già visti mille volte, è comunque curato e ben fatto.
Stasera arriva in concorso il primo film italiano dopo 19 anni, ‘Anime veloci’ di Pasquale Marrazzo. Speriamo che sia uno di quei “film che cambiano la vita” come recita lo slogan del Togay. Intanto “Buon festival” a chi può venire a Torino.