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Turchia: arbitro fa coming out e la federazione lo licenzia

Dopo 13 anni di lavoro, Halil è stato licenziato dopo avere rivelato davani alle telecamere la propria omosessualità. Adesso è una bandiera per tutta la comunità lgbt turca.

Proprio mentre la Turchia sta facendo di tutto per farsi accettare dall’intera comunità europea ed entrare nell’Unione, la storia di un suo cittadino, fino a qualche giorno fa sconosciuto, sta facendo il giro del mondo e non fa certo buona pubblicità al Paese. Halil Ibrahim Dincdag ha 32 anni e faceva l’arbitro di calcio. Faceva, ma non lo fa più perché da quando ha fatto coming out e ha raccontato davanti ad una telecamera diessere gay, la sua vita è cambiata radicalmente: la federazione di calcio turca gli ha tolto il lavoro ed è anche stato costretto dai vicini a cambiare città. Ma lui, schivo e timido di natura, ormai è diventato una bandiera, un’icona di una comunità che ha ancoram oltissima strada da fare in termini di diritti e lotta all’omofobia.

Perché è vero che in Turchia gli omosessuali non finiscono in prigione, ma è altrettanto vero che vengono brutalmente perseguitati. Per questo Halil è andato a vivere a Istambul: almeno nella capitale può andare in giro per strada senza essere sicuro che qualcuno lo aggredirà appena svoltato l’angolo di casa. Per i gay e le lesbiche turche, l’ex arbitro è una specie di Harvey Milk locale. La federazione di calcio, per licenziarlo, ha fatto appello al fatto che era stato dichiarato non idoneo al servizio militare (anche in quel caso perché omosessuale) e questa era ragione sufficiente a impedirgli di fare l’arbitro. Peccato che halil facesse quel lavoro già da 13 anni e che i campi di calcio non sono certo teatro di guerre e battaglie tra eserciti nemici. A fare da eco alla federazione, il maggiore cronista sportivo della Turchia ha dichiarato che Halili non può riavere il suo posto, perché "assegnerebbe i rigori solo ai giocatori più carini".

Halil non aveva mai parlato pubblicamente della sua omosessualità, ma non aveva neanche fatto i salti mortali per nasconderla: "Pensavano che mi sarei nascosto invece ho fatto il contrario e sono diventato una bandiera per il movimento dei diritti gay". Per fortuna, a sostenere il giovane arbitro, ci sono non solo la comunità lgbt, la stampa che ne racconta la storia, l’opinine pubblica filoeuropeista e, cosa più importante, la sua famiglia che non lo ha ripudiato, anzi lo sostiene. "Anche mio fratello imam mi ha aiutato – ha raccontato ai giornali Halil -. Rivoglio il mio lavoro. Sono pronto ad andare alla corte Europea".