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Un (u)omo solo, il dolore dell’abbandono diventa puro cinema

Da venerdì in sala “A Single Man”, sorprendente esordio di Tom Ford, un raffinato dramma sentimentale sorretto da un vibrante Colin Firth. E torna in libreria per Adelphi il romanzo di Isherwood.

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Cresce a vista d’occhio la febbre per il raffinato dramma sentimentale A Single Man, con lo sfarzoso sbarco a Milano del suo acclamato autore e produttore Tom Ford, stilista folgorato sulla via di Hollywood per un cinema che sembra stimare artisticamente più della moda, sua garanzia finora di fama e ricchezza. All’anteprima di stasera al cinema Colosseo di viale Montenero – ore 20.30 – sono confermati molti suoi colleghi top, quali Giorgio Armani, Donatella Versace e Miuccia Prada.

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Nelle sale tradizionali arriverà invece venerdì prossimo mentre già da mercoledì è possibile ritrovare in libreria a 16 euro, per Adelphi, l’inarrivabile romanzo breve omonimo di Christopher Isherwood che conserva l’oculata traduzione di Dario Villa della vecchia edizione di Guanda del 1981 (l’opera risale al 1964). Intanto, nelle sale americane, A Single Man si afferma al terzo posto nella classifica degli incassi per proiezione.
Davvero un gran film di sublime eleganza, destinato a entrare di diritto tra i titoli queer più significativi della storia del cinema, in grado di restituire sullo schermo la forza espressiva della prosa dolente di Isherwood pur tradendola in più punti, dall’idea del suicidio alla rimozione del personaggio dell’amica malata Doris, ex fiamma del suo fidanzato scomparso.

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Certo, si tratta di un cinema marcatamente sentimentale ma che non scade mai nel sentimentalismo: il dolore trattenuto del protagonista, il professore 58enne George Falconer che ha perso l’amatissimo compagno di vita in un incidente d’auto (il nome deriva dal primo fidanzato di Ford, Jan Falconer, che lo stilista/regista conobbe a 17 anni) è ancora più struggente e penetrante perché mai gridato o esibito, bensì filtrato con dignità da uno sguardo profondo, un sorriso forzato, un movimento sofferto: in questa calibratura millimetrica sta l’eccellente interpretazione di un gigantesco Colin Firth, davvero magnetico e vibrante.

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Così, la compostezza delle inquadrature, la cura quasi maniacale dei dettagli, i cromatismi sofisticati sono funzionali a ricreare un ambiente fortemente ovattato che cova omofobie e frustrazioni (magistrale la ricostruzione della Los Angeles dei primi anni ’60, in piena Guerra Fredda, degli scenografi Ian Phillips e Dan Bishop). Anche il resto del cast, decisamente affiatato, contribuisce a creare un’armonica partitura d’insieme, da un’eccellente Julianne Moore sull’orlo di una crisi esistenziale – incarna splendidamente la cara amica Charlie, truccatissima e cotonata, sola come George ma per pentimenti amorosi – alle avvenenti, giovani rivelazioni Nicholas Hoult, Matthew Goode e Jon Kortajarena.

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Una partitura che non sarebbe così riuscita se non fosse accompagnata dai romantici violini del polacco Abel Korzeniowski e dall’incantevole tema musicale di Shigeru Umebayashi, lo stesso autore delle rarefatte atmosfere del magnifico In the Mood for Love di Wong Kar-Wai.
Ma A Single Man affronta di petto anche un tema quanto mai attuale, la paura strisciante e destabilizzante per un futuro incerto, sentimentale e non: vedasi l’esemplare lezione all’Università proprio sul concetto di paura, speculare al bisogno d’amore come antidoto all’orrore, che sia la minaccia dei missili su Cuba oppure lo spettro terrificante della solitudine mortifera.

Curiosità: nella scena al bar compaiono sia il compagno di Tom Ford da 23 anni, il sessantunenne Richard Buckley, ex direttore di Vogue Uom’, che lo storico fidanzato di Isherwood, il pittore Don Bachardy, attualmente gagliardo settantacinquenne.