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UNA QUESTIONE DI GENDER

Gay ma non solo, libero e non allineato: torna l’eclettico festival bolognese ‘Gender Bender’, arrivato alla quarta edizione. Abbiamo intervistato l’ideatore e direttore Daniele Del Pozzo.

È uno dei festival italiani più liberi e meno allineati, eclettico per natura e vocazione, gay ma non solo: stiamo parlando di Gender Bender, creatura multiforme nata da una costola del Cassero di Bologna, vetrina fusionale che si sviluppa lungo le ramificate direttrici dei generi artistici più vari (arti visive, teatro, danza, cinema, tv e musica), dinamica fucina creativa ‘contaminante’ e ‘contaminata’, mai così sfaccettata e propositiva come in questa ricca quarta edizione, in programma dal 30 ottobre al 4 novembre. Abbiamo intervistato l’ideatore e direttore Daniele Del Pozzo.
Qual è lo spirito di questa quarta edizione?

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Gender Bender è un festival internazionale a 360° dedicato alla contemporaneità. Il sottotitolo è ‘Nata libera’, libera perché non bisogna arrendersi ai condizionamenti naturali o sociali e trovare una propria personale realizzazione di felicità. L’immagine guida è quella di una leonessa con la parrucca: se si nasce senza criniera, niente vieta di indossarne una. ‘Nata libera’ è anche riferito alla volontà espressa dagli autori presentati nel programma di questa quarta edizione di ridefinire definizioni rigide in un ambito maschile e femminile e le differenze dell’orientamento sessuale gay, lesbico e transessuale. Un programma che invita alla rimessa in discussione di ciò che viene dato come assoluto mentre è un dato culturale che riporta le variazioni e le mutazioni continuamente in atto nella società.
C’è anche un riferimento al Leone Rosa dei film gay a Venezia o è un puro caso?
A volte ci sono circostanze curiose, strane casualità, congiunture in cui si realizzano cose simili in contesti diversi: alla Festa del Cinema di Roma c’era la lupa con questi occhiali alla Gina Lollobrigida. Noi non l’abbiamo fatto pensando al Leone Rosa ma ognuno poi può trovarci i suoi riferimenti.
Che cos’è, secondo te, il ‘genere’ oggi, nel 2006?
Il genere è quell’indicatore d’identità che assegna un principio maschile o femminile. Ma il genere non corrisponde necessariamente al sesso o all’orientamento sessuale. Questo comporta un’assegnazione di incarichi, compiti e responsabilità in base al genere di appartenenza. Nel 2006 è un principio identitario arrivato a un punto di snodo cruciale nella riflessione sulla contemporaneità. In un’epoca di forti cambiamenti, di grande incertezza, grandi dubbi, anche rispetto solo a venti e trent’anni fa, bisogna fare i conti con la questione dell’identità di genere: che cosa significa essere uomini o donne, etero, gay o trans?
Anche l’arte riflette queste trasformazioni di genere?
Secondo me sì, nel campo dell’arte …
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Anche l’arte riflette queste trasformazioni di genere?
Secondo me sì, nel campo dell’arte c’è una maggiore attenzione e sensibilità nei confronti della regole e delle convenzioni e a volte gli artisti hanno una visione quasi profetica: c’è una sorta di capacità innata di dar forme a concetti non ancora definiti o chiariti come è avvenuto per la body art negli anni ’60 che è stata una sorta di lievito capace di produrre oggi riflessioni sul corpo molto interessanti.
Parlami un po’ di questa artista emergente che presentate, la polacca Katarzyna Kozyra…

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Nel 1999 ha vinto il Premio Speciale della Giuria alla Biennale di Venezia con un’opera, Men’s Bathhouse, in cui si racconta di quando si è infiltrata travestita da uomo in una sauna maschile a Budapest. Ha poi lavorato molto con la drag queen Gloria Viagra per diventare una vera donna, una ‘superfemmina’. Presentiamo in prima assoluta ‘Il castrato’ ispirato a Farinelli che tra l’altro nacque e visse a Bologna e nello spettacolo è interpretato da lei stessa.
Un altro personaggio fuori dai canoni è Grayson Perry…

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Sì, è un personaggio bizzarro: vinse il Turner Prize nel 2003 e alla premiazione si è presentato vestito da donna. Fa il ceramista, è sposato con una figlia ma ha un alter ego femminile, Claire, che gli ha permesso di salvarsi da un’infanzia molto difficile, ha un passato biografico molto duro. Al festival presenterà anche il documentario prodotto da Channel Four Why Men Wear Frocks (Perché gli uomini si vestono da donna, ndr).
Di italiano spicca l’omaggio a Paolo Poli…
Quest’anno dedicheremo molto spazio agli incontri con gli autori: artisti, registi, coreografi e in generale personaggi dello spettacolo. Paolo Poli è un personaggio chiave che ha animato la vita culturale, teatrale, cinematografica e televisiva italiana per cinquant’anni, uno dei più intelligenti.e molto coraggioso nel dichiarare tranquillamente la propria omosessualità. È stato uno dei primi a utilizzare la tradizione del travestitismo teatrale per reinterpretarlo in maniera provocatoria e per affrontare i paradossi della cultura borghese dell’epoca. Con lui faremo un incontro presentato dall’autore Rai Enrico Salvatori e verrà mostrato al Cinema Lumière una sorta di montaggio con rarità di archivio prese dalle teche Rai tra cui la celebre apparizione di Poli vestito da sciantosa a Milleluci al fianco di Mina e Carrà in divise da ufficiali.
Per quanto riguarda la musica mi sembra molto curioso il gruppo dei ‘The Hidden Cameras’…

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Sono scatenati! È un gruppo canadese che arriva per la prima volta in Italia, formato da un numero variabile di componenti: qui ne arrivano tredici membri, capitanati da Joel Gibb, un personaggio molto bizzarro, è un musicista fortemente influenzato dalle arti visive. I loro concerti sono veri e propri happening. Definiscono il loro genere ‘gay church folk music’, uno strano connubio tra folk, canzoni pop e una presenza gay molto connotata. Più che un concerto è un vero e proprio show molto colorato in cui mettono in scena cheerleaders, numeri di illusionismo, starlettes, strani costumi di animali, gag visive molto particolari, una specie di burlesque alla Dita Von Teese. Il loro cd è stato recensito in maniera entusiasta dalle riviste di settore come uno dei migliori dell’anno.
Tra le proposte cinematografiche mi sembra notevole ‘The Gymnast’ che ha furoreggiato ai festival gay di Los Angeles e San Francisco. Com’è?

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Narra di questa tranquilla donna sposata che incontra una donna che la invita a riprendere l’attività di ginnasta e a entrare nel business della ginnastica di Las Vegas. Una delle attrici è tra l’altro stata scelta da Madonna per l’ultimo tour. Il film è molto bello e curato, i numeri acrobatici ricordano quelli del Cirque Du Soleil.

La sezione ‘GB Entry’ è nuova?
Sì, è il primo anno che la proponiamo. Abbiamo proposto con un bando del materiale che poteva essere selezionato per questa sezione ‘aperta’: sono arrivate più di 200 proposte e ne abbiamo selezionate 5. Tra loro ci sono due autori molto interessanti che noi riteniamo di aver scoperto in Italia: Benny Nemerofsky Ramsay, giovane artista canadese che lavora con videoinstallazioni e performances dal vivo ispirate alla cultura pop musicale tra cui le grandi icone Madonna e Kylie Minogue, e l’americano Lucas Michael che nelle sue opere indossa i panni di volta in volta di Barbra Streisand o Liza Minnelli ma non è il classico travestito che canta: reinterpreta questi personaggi filtrandoli attraverso la sua sensibilità gay.
Vi rivolgete a un pubblico non solo gay, vero?
Partiamo dall’identità gay perché ci appartiene, è il festival che nasce dal Cassero, storica associazione gay italiana ma si allarga alle differenze di identità: per questo abbiamo sempre pensato che potesse interessare un pubblico più vasto. Nei 650 questionari anonimi sottoposti lo scorso anno risultava che non solo il numero di uomini e donne che hanno partecipato era intorno al 50% ma anche quello di etero e gay.
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