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Unioni civili: il fronte del no si compatta e annuncia mobilitazioni

Da Manif Pour Tous a Adinolfi, passando per Gasparri e Sacconi: compatti contro i diritti

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Mentre ieri la legge sulle unioni civili stava superando il primo scoglio (l’iter è ancora lungo: in commissione si potranno presentare emendamenti fino al 7 maggio, poi inizierà la discussione e il testo finale andrà al voto del Senato prima e della Camera poi), il fronte del “no” annunciava già battaglia. In una sala proprio del Senato, infatti, Manif Pour Tous ha tenuto una conferenza stampa il portavoce Paolo Ondarza ha annunciato “mobilitazioni popolari” perché “se qualcuno non organizzerà una manifestazione da due milioni di persone, due milioni di persone si ritroveranno in piazza spontaneamente”, sostiene.
“Una mobilitazione è necessaria perché tutti sanno che le unioni civili previste dal Ddl Cirinnà non sono altro che il primo passo verso la rottamazione del matrimonio – ha dichiarato Filippo Savarese a Ondarza a Radio Vaticana -. Nelle stesse intenzioni di chi ha proposto questo disegno di legge, il fine ultimo è la ridefinizione ideologica della famiglia, con lo sradicamento della filiazione dal padre e dalla madre. Le unioni civili sono soltanto un compromesso temporaneo per non impattare immediatamente con il dissenso vastissimo dell’opinione pubblica. In realtà noi già oggi dobbiamo parlare di vero e proprio matrimonio gay”.

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Pronto ad alzare le barricate, dalle pagine del suo giornale, anche Mario Adinolfi. Anche in questo caso, il cavallo di battaglia sono i figli “perché non è vero che un bambino può avere due papà. In questo modo si introduce il matrimonio gay con un altro nome, come ha riconosciuto Scalfarotto in un’intervista a Repubblica. Inoltre si legittima di fatto l’utero in affitto” ha dichiarato a Intelligonews.
Non mancano, com’è noto, le sponde parlamentari di queste posizioni. Una vera e propria alzata di scudi, quella di NCD / Area Popolare, con Carlo Giovanardi che parla di “sottrazione di risorse alla famiglia naturale”. Ma il senatore punto di riferimento di Sentinelle in piedi e Manif si spinge oltre, arrivando a sostenere che il DDL Cirinnà “ci fa regredire di quasi 2000 anni quando le schiave non avevano nessun diritto sui figli perché il figlio della schiava era considerato un frutto, e i frutti nel diritto romano appartenevano al proprietario della cosa madre, così come la progressista proposta Cirinnà vuol fare con i cosiddetti uteri in affitto”. Accuse pesantissime, basate su una campagna di disinformazione sulla questione della gestazione per altri studiata per ampliare il più possibile il consenso attorno al no ai diritti delle coppie e delle famiglie arcobaleno.

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Non è da meno il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che si riscopre femminista e dichiara: “È incredibile che coloro che hanno fatto battaglie femministe diventino promotrici di una proposta in base alla quale la donna si potrà ridurre ad un oggetto che a pagamento mette al mondo figli per conto terzi. Siamo di fronte a scelte inaccettabili alle quali bisognerà opporsi con forza in Commissione quando si entrerà nella fase emendativa, in Parlamento e nel Paese”.
Al coro si aggiunge Maurizio Sacconi, collega di partito di Giovanardi, che parla di “atto divisivo del paese” e di una legge che favorirebbe il “fenomeno definito ‘utero in affitto’ perché consiste nel pagamento di una gestante, usualmente indotta dalla povertà ad accettare questa pratica”.
Scenari apocalittici, quelli delineati dal centrodestra parlamentare e dall’ala più retriva del cattolicesimo militante, smentiti non solo dal testo stesso, che non estende il matrimonio e non introduce nessuna legislazione in merito alla gestazione per altri.