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L’inchiesta: anche su stepchild maggioranza quasi sicura in Parlamento

Ad oggi le unioni civili potrebbero essere approvate con il voto del 70% dei senatori

E’ il grande interrogativo di questi mesi, quello che in tanti, dentro e fuori il Parlamento e soprattutto nella comunità lgbt italiana, si sono posti: quante speranze ha di passare il ddl Cirinnà nel parlamento più laico della storia della Repubblica Italiana? E quanto rischio esiste soprattutto che venga affossato l’articolo 5 che contiene la stepchild adoption, dove i mal di pancia di senatori del Partito Democratico ma anche di altri gruppi, nel segreto dell’urna, possono farsi sentire?

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Il weekend è trascorso con poche notizie sulle unioni civili, ma tutte positive. Monica Cirinnà, la relatrice del ddl, sulle pagine di Repubblica, sabato ha tenuto a specificare che prima di Natale verrà fissato il calendario e che in questo le unioni civili ci saranno: “I capigruppo faranno una riunione prima di Natale fissando le sedute a gennaio, per allora emendamenti ci saranno. Certo poi è possibile che la direzione dia una linea, che ci sia la possibilità del voto di coscienza”, ha dichiarato. Ma è dalla Leopolda, la convention dei renziani che si è chiusa ieri a Firenze, che sono arrivate due significative novità. Maria Elena Boschi, la combattiva Ministra alle Riforme Istituzionali, dal palco della Leopolda ha ribadito che si faranno ed a breve: “Dobbiamo ancora trovare una sintesi, un accordo, – ha ribadito la Boschi – sulla legge sulle unioni civili che a gennaio portiamo in Senato e spero diventi realtà il più presto possibile”.

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Dal palco della Leopolda, poi, è gallery . Ed a rimarcare che proprio questa sarebbe la “linea renziana”, ci sarebbe stata una battuta che il Presidente del Consiglio avrebbe fatto ai genitori LGBT presenti fuori: “se fosse per me….”, come a dire che la sua linea è quella di restare fermo sulla stepchild.

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Ma veniamo ai numeri. Al Senato ci sono dieci gruppi: tra i gruppi largamente favorevoli ci sono il Partito Democratico, i 5 stelle, i “verdiniani” raccolti nel gruppo “Alleanza Liberapopolare-Autonomie”, gli autonomisti di centro-sinistra del gruppo “Per le Autonomie” e il gruppo misto, dove sono raccolti i parlamentari di SEL, alcuni ex grillini ed alcuni ex democratici. Tra i gruppi largamente contrari spicca, oltre la Lega che pare compatta contro, Area Popolare (NCD ed UCD) e Forza Italia (nonostante l’ok di Berlusconi, di cui la deputata Maria Vittoria Brambilla ha parlato proprio a Gay.it in una intervista di un mese fa). Infine vi sono due gruppi più spaccati: i “Conservatori e Riformisti” (cioè i “fittiani”, seguaci dell’on. pugliese Fitto) ed infine il gruppo “Grandi Autonomie e Libertà (un grande contenitore dove i favorevoli in realtà non sembrano essere così tanti).

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E poi: favorevoli a cosa? Perchè un conto, come sappiamo bene, sono le unioni civili, un altro è la stepchild adoption sulla quale una efficace campagna cattointegralista, aiutata (a volte anche in buona fede) da esponenti renziani, da giornali sulla carta progressisti (come Repubblica) e da parte del movimento femminista, ha fatto passare l’idea che sia non solo il “la” all’adozione gay in Italia, ma soprattutto all'”utero in affitto“, alla possibilità per le coppie gay di “comprarsi” i bambini come se fossero al supermercato. E l’inevitabile contraccolpo di questa campagna di comunicazione, orchestrata – lo ricordiamo – da gruppi che hanno alle loro spalle circa duemila anni di esperienza su come orientare il pensiero collettivo, si è fatto sentire anche su alcuni parlamentari, specie tra le file del Partito Democratico. “Vittime” – se così possono essere definite – di tale campagna sono sicuramente i senatori “malpancisti” del Partito Democratico che ad esempio hanno presentato l’emendamento sul cosiddetto “affido rinforzato” che sostituirebbe la ‘stepchild adoption’ e che invece, come in tanti hanno già rimarcato – non sarebbe assolutamente una soluzione accettabile.

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Veniamo quindi ai numeri delle unioni civili. Abbiamo chiamato i nostri contatti nei vari gruppi del Senato, abbiamo cercato le dichiarazioni pubbliche di diversi esponenti politici, abbiamo fatto le nostre verifiche certosine. Ed eccoci quindi arrivati alla conclusione. Sulla carta, il ddl Cirinnà nel suo complesso ha a suo favore circa 220 senatori dei 315 eletti, quindi il 70% dei voti. Tenendo conto delle percentuali di assenze storiche nei vari gruppi del Senato, che inevitabilmente inciderebbero sul voto finale, tale percentuale salirebbe addirittura al 72%: e sì, perché i gruppi con più assenze sono, grazie al cielo, quelli meno favorevoli alle nostre tematiche.

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Per la stepchild il calcolo è più complesso, perché sono da registrare voti sicuramente favorevoli, voti sicuramente contrari ma anche voti incerti, tenendo conto che molto probabilmente il voto sul famigerato articolo 5 sarà a scrutinio segreto, proprio per dare piena libertà di coscienza a quei senatori che vogliono esprimere una propria contrarietà etica all’articolo, anche in dissenso con la linea del partito. E’ quindi evidente che, nel caso della votazione dell’articolo 5, le percentuali non potranno mai essere così straccianti come sul testo complessivo del ddl Cirinnà. Dei 112 senatori del Partito Democratico, ad esempio, abbiamo cautelativamente inserito 15 senatori sicuramente contrari e 15 incerti, mentre dei 5 Stelle ne abbiamo inseriti 2 contrari e 2 incerti (anche se fonti dei 5 stelle continuano a dirci che il voto contrario sarà al massimo uno solo). Ma la cautela non è mai troppa, in questi casi. Facendo le somme, pur con queste cautele, a favore della stepchild sarebbero comunque circa 170 parlamentari (circa il 54% dei senatori) che si aggiungerebbero ai 34 incerti ed ai 114 contrari. Tenendo conto delle percentuali di assenze storiche nei vari gruppi del Senato, che inevitabilmente inciderebbero sul voto finale, tale percentuale salirebbe al 55%.

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Risulta quindi evidente perché la Ministra Boschi sia stata sufficientemente ottimista alla Leopolda domenica e perché pure la Cirinnà non sia risultata particolarmente nervosa nell’intervista concessa a Repubblica. Appare chiaro perchè alla Leopolda l’unico intervento sui diritti lgbt sia stato affidato alla Presidente delle Famiglie Arcobaleno, quasi a rimarcare la “linea renziana” sulla stepchild. Ma risulta altrettanto chiaro perché in tanti insistono affinché il testo delle unioni civili e soprattutto il suo articolo 5 venga votato dalla Direzione Nazionale del Partito Democratico: è evidente che, per essere certi di un voto favorevole sulla stepchild, arrivarci con una posizione ufficiale ed il più possibile ampia del Partito aiuterebbe non poco e farebbe fare sonni tranquilli in attesa del voto finale. Nel frattempo, commentava qualcuno alla Leopolda nel pomeriggio di sabato, i nostri capelli in attesa di diritti stanno diventando sempre più bianchi….