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USA: processo per il suicidio di un giovane gay

Fu fermato con un amico dalla polizia che gli chiese se erano "froci" e li minacciò di rivelare tutto alle loro famiglie. Ora la madre chiede un risarcimento.

Nel 1997, un teenager di Minersville, Stati Uniti, si uccise dopo essere stato fermato dalla polizia mentre usciva da una festa: la polizia a quanto sembra, lo avrebbe accusato di essere gay.

Il 18enne liceale giocatore di football e un amico di 17 anni furono accusati di uso di bevande alcoliche in età non consentita. La polizia trovò dei preservativi nella tasca del ragazzo più giovane e diede loro alcune lezioni sulla Bibbia e l’omosessualità.

L’ufficiale che compì l’arresto, Scott Willinsky, pare che chiese ai due se fossero dei "frocetti" e li minacciò di rivelare alle loro famiglie che erano gay. Poche ore dopo, Marcus Wayman si tolse la vita.

Scott Willinsky in seguito testimoniò che entrambi i ragazzi ammisero, dopo essere stati interrogati, che si erano fermati per fare sesso. Il diciassettenne nega di aver fatto l’ammissione.

La madre di Wayman ha intentato un processo per comprendere le cause della morte del figlio. L’accusa, per la quale si chiede un risarcimento non quantificato, sostiene che la città e tre suoi ufficiali violarono il diritto di Wayman alla privacy.

«E’ il primo caso di cui siamo a conoscenza in cui, dopo un evento tragico come questo, la famiglia non si ritira e cerca di accusare un ente pubblico per avere cercato di rivelare l’omosessualità di qualcuno» ha detto Eric Ferrero, un portavoce del progetto per i diritti di gay e lesbiche della American Civil Liberties Union che rappresenta la madre di Wayman.

Una corte di appello federale di Philadelphia ha sentenziato l’anno scorso che il diritto costituzionale alla privacy di una persona include la protezione sul suo orientamento sessuale.

Il caso prosegue.

di Gay.com UK