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Vaccino Aids riduce di un terzo il rischio di infezione

È stato presentato a Bangkok come il primo vaccino anti-HIV in grado di funzionare davvero. Ma l’OMS e gli esperti del settore invitano alla cautela. Sono 60 gli studi arrivati alla loro fase finale.

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Per la prima volta un vaccino sperimentale riduce il rischio di contrarre l’Aids. Ne sono convinti alcuni ricercatori thailandesi che hanno comunicato la loro scoperta nel corso di una conferenza stampa a Bangkok assieme a medici militari statunitensi. La sperimentazione, condotta in collaborazione dal ministero della sanità thailandese e dall’esercito americano, è stata presentata come la più importante mai effettuata nel mondo per un vaccino contro l’infezione da virus Hiv. Il vaccino, hanno spiegato i ricercatori, ha ridotto di oltre il 30 per cento il rischio di contrarre il virus Hiv tra i 16 mila volontari thailandesi – non ad alto rischio di contrarre l’Aids – che hanno partecipato alla sperimentazione. «Anche se il livello di protezione che garantisce è abbastanza modesto – ha spiegato Jerome Kim, colonnello dell’esercito americano del Walter Reed Army Institute of Research, del Maryland, che ha aiutato a condurre la sperimentazione -, lo studio è la prova che è possibile avere un vaccino preventivo sicuro ed efficace". Il vaccino, ha poi precisato Kim, «è stato testato in Thailandia ed è specifico per i ceppi attualmente in circolazione nel Paese».

Il nuovo vaccino contro l’Aids annunciato oggi e’ prodotto attraverso la combinazione di due vecchi vaccini fra loro molto diversi: l’Alvac, vaccino contro il vaiolo della Sanofi Pasteur, e l’Aidsvax, un vecchio vaccino anti Hiv della Vaxgen, una società americana di San Francisco, ora di proprietà dell’associazione noprofit Global Solutions for Infectious Diseases.

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Si tratta della più vasta sperimentazione clinica mai condotta fino ad ora su un vaccino anti-Hiv, noto con la sigla RV144. L’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms) e il Programma delle Nazione Unite sull’Aids (Unaids) hanno deinifito i risultati «molto incoraggianti» e «costituiscono un significativo passo avanti scientifico» che alimenta «nuove speranze». Anche se «molto lavoro» resta ancora da fare da parte dei principali ricercatori impegnati nel progetto. Il vaccino ha un effetto protettivo «modesto. Comunque questi risultati hanno instillato una nuova speranza nel campo della ricerca sui vaccini – spiegano le agenzie delle Nazioni Unite in una nota – e offrono la promessa che un vaccino sicuro e altamente efficace contro l’Hiv potrà diventare disponibile per le persone di tutto il mondo che ne hanno bisogno. Nessun problema di sicurezza – aggiungono le agenzie – è stato riscontrato nello studio». Ecco dunque perché Oms e Unaids si congratulano "con i principali ricercatori, gli sponsor e i volontari del trial, che hanno reso possibili questi incoraggianti risultati». Molto lavoro resta da fare, ribadiscono le agenzie: tra l’altro occorre vedere se i due specifici componenti possono essere somministrati in altre parti del mondo. Ma in ogni caso lo studio, concludono Oms e Unaids, «alimenta nuove speranze».

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Giampiero Carosi, docente di malattie infettive all’università degli Studi di Brescia spiega che «questi risultati confermano le indicazioni della comunità scientifica, basate anche sulle lezioni apprese dai fallimenti di diversi studi sui vaccini contro l’Hiv: non potremmo avere un vaccino monovalente, con una sola componente, ma dovremmo puntare su un cocktail che metta insieme diverse componenti», sottolinea l’esperto all’ADNKRONOS SALUTE, invitando ad evitare facili entusiasmi. «Non siamo ancora arrivati al vaccino – precisa Carosi – il 31% della riduzione, tra l’altro, è molto basso come risultato. Si tratta di un passo avanti per la ricerca, non ancora per le persone».

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A smorzare definitvamente l’entusiasmo è l’immunologo Fernando Aiuti che si dice «molto cauto sull’ interpretazione di questi dati che in parte conoscevo perché già parzialmente pubblicati a livello scientifico». «Innanzitutto – spiega – si tratta di un protocollo atipico perché la sperimentazione è stata fatta utilizzando un vaccino, l’Aidsvax americano, che non ha funzionato a cui è stato poi aggiunto un secondo vaccino della Sanofi-Pasteur». Non solo: secondo l’immunologo la percentuale di successo è troppo bassa. Se infatti su 8.200 persone vaccinate se ne sono ammalate 52, le nuove infezioni registrate nel gruppo di controllo sono 74. «Uno scarto troppo basso – afferma – per parlare di successo del vaccino, tanto più che nei pazienti vaccinati che si sono ammalati l’andamento dell’infezione è stato identico a quello degli malati non vaccinati. Dunque il vaccino non ha avuto neanche un effetto protettivo sull’andamento della malattia». Ma le critiche rivolte ai risultati dei questa sperimentazione non finiscono qui. «La vaccinazione – prosegue – è impensabile su vasta scala sia perché è troppo complessa sia perché, come afferma l’Oms, un vaccino per essere efficace deve proteggere almeno il 50% della popolazione». Infine Aiuti sottolinea che in Thailandia gira un sottotipo di virus che non si trova negli altri paesi del mondo. «Quindi – conclude – questa sperimentazione non può essere estrapolata per il controllo dell’infezione in altri continenti».

Proprio ieri, in un convegno di infettivologia a Firenze organizzato dalla Società italiana di medicina tropicale, gli esperti italiani hanno fatto il punto sui vaccini contro l’Aids, passando in rassegna oltre 60 studi arrivati alla loro fase finale.