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Venezia, applausi ma anche fughe per il gender “The Weight”

Presentato alla Mostra del Cinema il dramma sudcoreano ‘The Weight’ di Jeon Kyu-hwan in corsa per il Queer Lion su un becchino gobbo e il suo fratellastro trans. Applausi ma anche fughe dalla sala.

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Applausi convinti ma anche fughe repentine che ieri sera hanno svuotato per metà la Sala Pasinetti. Così è stato accolto al Lido di Venezia il primo film queer della Mostra, il dramma The Weight (Il peso) del regista sudcoreano Jeon Kyu-hwan, autore noto in Occidente soprattutto per una trilogia sull’alienazione urbana composta dai capitoli Dance Town, Animal Town e Mozart Town che hanno circuitato per varie cinemanifestazioni – in Italia al Torino Film Festival e all’Asian Film Festival di Reggio Emilia – ma non sono mai arrivati nelle sale tradizionali.

La trama di The Weight, presentato nella sezione laterale "Giornate degli Autori", ricorda vagamente quella del giapponese premio Oscar Departures, ambientato com’è in un obitorio dove si seguono le vicende di Jung (Cho Jae-hyun), un impiegato gobbo e sofferente di tubercolosi e artrite, che ha il compito di tanatoestetista, cioè di ricomporre i cadaveri ed eventualmente truccarli per mascherare ematomi e ferite. Jung ha un rapporto di amore e odio ai limiti del morboso col fratellastro transessuale Dong-bae (Zia) che sta cercando di racimolare i soldi per poter effettuare l’operazione del cambio di sesso e realizzare così il suo desiderio di diventare donna a tutti gli effetti.

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"È un film tosto, mi è piaciuto molto – ci spiega Daniel Casagrande, organizzatore e membro della giuria del Queer Lion -. Anche quelli che sono rimasti in sala l’hanno amato. È un dramma dallo stile lento e dai tempi dilatati sul corpo, sulla carne, sulla vita e sulla morte. C’è di tutto, dall’incesto alla necrofilia, ed è molto gender." "Il rapporto morboso tra i due fratelli è anche di solidarietà – continua Casagrande – Sono entrambi uniti contro la madre che li vede come due mostri: uno ha la gobba e l’altro è una trans MtF. Sono fratellastri, il primo dei due è stato adottato. La madre li trova a letto insieme a 12-13 anni e li sbatte fuori di casa. Il becchino gobbo si occuperà della trans intrappolata in un corpo che la rende infelice. La madre arrogante arriva a dire: ‘può anche imbottirsi le tette ma io ho fatto un maschio e maschio rimarrà tutta la vita’. Ci sono anche trovate geniali come la ricomposizione di una salma che sembra davvero un quadro. È stato pubblicizzato come un film splatter ma non lo è anche se in una scena il gobbo rimane senz’acqua e per lavarsi via il sapone dai capelli usa un secchio pieno di sangue".

Il regista Jeon Kyu-hwan descrive così la sua opera: "Attraverso la figura del gobbo di nome Jung, fin dalla nascita gravato dal peso del dolore, e quella dei vari personaggi che lo circondano, ognuno con i propri traumi, ho voluto raccontare il fardello della vita che gli uomini si trascinano dietro, in forma di ‘fantasia grottesca’".