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VIRGINIA E LE ALTRE

Michael Gunnimgham ha vinto nel 1999 il Pulitzer per la narrativa e in Italia il suo libro “le Ore” ha vinto a sorpresa il premio Grinzane Cavour.

Corre veloce, pagina dopo pagina, e si rannicchia in un solo punto, alla fine. Il romanzo di Michael Cunnigham, “Le ore” (Bompiani, pagg.170, L.26mila) porta quello che doveva essere il titolo originale del romanzo “La signora Dalloway”, di Virginia Woolf. E la Woolf è una delle tre donne protagoniste di questo intenso libro, che bisogna consigliare a tutti, soprattutto a chi si chiede ancora (inutilmente) se la vita e la letteratura coincidano. Questo libro risponde: sempre, quando la letteratura è buona. Con “Le ore”, l’americano Cunningham ha vinto il Pulitzer 1999 per la narrativa e il Pen Faulkner Award, e in Italia il Grinzane Cavour: riconoscimenti prestigiosi, a conferma di come non solo oltreoceano le scelte editoriali oculate vengano premiate. Se i lettori italiani, quando entrano il libreria e scelgono, avessero buone probabilità di portarsi a casa un romanzo come questo, tornerebbero più volentieri a comprare un altro libro. Cunnigham racconta la vita di tre donne che si specchiano l’una nell’altra, nel tempo e nello spazio, grazie alla letteratura. Una delle tre è Virginia Woolf, colta poco prima del suicidio, fermata nel dissidio fra una vita borghese stretta dai compromessi e una follia d’artista che le sussurra voci nella testa, e le impone di andarsene in qualche modo. La seconda donna vive nella New York di oggi, si chiama Clarissa ed è descritta mentre prepara una festa per Richard, l’amato amico gravemente malato di Aids. La terza è una casalinga californiana dell’immediato dopoguerra, Laura Brown, presa nel dissidio fra preparare una torta per il compleanno del marito e fuggire via da quella vita noiosa, da quel matrimonio ordinario, abbandonando perfino il figlio Richie. Una quarta donna, quella Signora Dalloway che scivola in queste pagine dal famoso romanzo della Woolf, unisce le altre tre: Virginia sta creando il romanzo che porterà quel titolo, Clarissa ha lo stesso nome della Dalloway e, come lei, sta preparando una festa. Laura, nella sua fuga, porta sempre con sé, e ne legge dei passi, il romanzo della Woolf. E nello scorrere del loro tempo, appare quasi inevitabile che queste tre donne si imbattano, in tre modi diversi, nello scoglio duro del suicidio, ma anche nella consolazione del sentimento, che non sempre diventa salvezza ma fa baluginare la speranza solo quando è fra donne: Clarissa con la sua amante Sally, Virginia con la sorella Vanessa, Laura con l’amica Kitty.

Ne esce un romanzo che snoda e riannoda le esistenze lungo tutto il Novecento, fino a riunirle in un finale sorprendente e coerente con tutta la struttura narrativa. Cunnigham è un pittore di anime, riesce a rendere perfettamente credibili anche i pensieri di Virginia Woolf mentre si riempie le tasche di pietre e si lascia annegare nel fiume. E quando si è chiusa l’ultima pagina di questo romanzo, viene voglia di riaprire la prima e cominciare daccapo, perché è uno di quei libri dove ad ogni rilettura si scopre qualcosa da sottolineare ancora.

di David Fiesoli