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Slovenia: Corte Costituzionale dice sì a referendum sul matrimonio gay

La richiesta presentata dai conservatori, che evidentemente cercano una seconda Irlanda

La Corte Costituzionale Slovena ha dato ieri il via libera per un referendum che deciderà se applicare o no la nuova legge che consente i matrimoni gay. La decisione del supremo tribunale sloveno arriva dopo che il Parlamento a marzo ha adottato un disegno di legge che concede alle coppie del medesimo sesso gli stessi diritti al matrimonio delle coppie eterosessuali.

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La richiesta alla Corte Costituzionale è stata avanzata da un gruppo conservatore vicino all’opposizione di centro-destra del Partito Democratico Sloveno (SDS) e sostenuta dalla Chiesa cattolica, che aveva contestato la nuova legge.

Il gruppo ha raccolto in pochi giorni sufficienti firme per poter chiedere il referendum. Ma il parlamento della Slovenia aveva stoppato l’iniziativa, sostenendo che fosse incostituzionale dato che il matrimonio è un diritto fondamentale che va esercitato senza discriminazione alcuna. A quel punto è stata la Corte Costituzionale a dirimere la questione, bloccando il tentativo del Parlamento di evitare un voto popolare. Secondo la legge slovena, qualsiasi gruppo che raccoglie 40.000 firme entro un mese di tempo può chiedere che venga indetto un referendum. Secondo l’articolo 90 della Costituzione slovena, nel caso in cui più del 20 per cento dell’elettorato votasse contro la legge, la legge sul matrimonio gay sarebbe abrogata: non è quindi un obiettivo semplice per gli integralisti.

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Che ai cittadini sloveni venga chiesto cosa ne pensano del matrimonio gay, sarebbe però la seconda volta: già nel 2012, infatti, un referendum bocciò l’introduzione del matrimonio gay, col 55% dei voti contrari e solo il 30% di affluenza. Poi, come si è detto, nel marzo 2015 la decisione del Parlamento.

Insomma, non contenti di ciò che accaduto nel giugno scorso, i conservatori cercano una seconda Irlanda. E ci auguriamo che la troveranno.