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Unioni civili, è bagarre al Senato. A rischio la data del 15 ottobre

Scontro aperto tra PD da una parte e SEL e 5 Stelle. Monica Cirinnà vota in dissenso.

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È bagarre in aula al Senato sulle unioni civili. Motivo della contesa: la mancata calendarizzazione del provvedimento da parte della maggioranza, che ha scatenato le proteste dell’opposizione. In mattinata, infatti, era stata la Ministra per le per le RIforme Costituzionali, Maria Elena Boschi, ad aprire le danze accusando l’atteggiamento ostruzionistico del senatore leghista Calderoli e di SEL sulla riforma del Senato che, a suo dire, con la mole di emendamenti presentata, mettevano a rischio la data del 15 ottobre per la discussione in aula del ddl Cirinnà.

Dopo che Sel ha definito “vergognose certe interviste”, dove si vuole dare “la colpa ai nostri emendamenti al ddl costituzionale” per motivare la mancata calendarizzazione in aula del provvedimento sulle unioni di fatto, il Movimento cinque stelle ha sposato la battaglia attaccando il Partito Democratico. “La senatrice De Petris ha chiesto di calendarizzare per lunedì prossimo il ddl sulle unioni civili – ha spiegato il portavoce M5s Gianluca Castaldi in aula -. Almeno l’incardinamento, ma il Pd ha detto no perchè delle unioni civili non gliene frega nulla”.

Il capogruppo dem Luigi Zanda ha subito replicato: “Non siamo d’accordo sull’utilizzo di un tema così delicato per alzare il livello dell’ostruzionismo che è già alto. Queste urla confermano che di ostruzionismo si tratta”.

Il calendario che è stato votato oggi prevede per la prossima settimana la riforma costituzionale in aula al Senato fino al 13 ottobre. Dopo questa data, il capogruppo del PD Zanda in aula ha esplicitato un accordo che c’era già nella conferenza dei capigruppo e cioè l’immediata convocazione, una volta votate le riforme, per portare in aula le unioni civili senza concludere quindi la discussione in commissione e, soprattutto, la votazione sugli oltre 1.000 emendamenti rimasti. Rimarrebbe quindi qualche giorno prima della legge di stabilità, sempre che i tempi stretti vengano rispettati, per incardinare il provvedimento e cioè, fuori dal linguaggio parlamentare, iniziarne la discussione per poi terminarla subito dopo la sessione di bilancio.

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Ad alzare la tensione anche la decisione della dem Monica Cirinnà, relatrice in commissione Giustizia del ddl, di votare in dissenso dal gruppo a favore della calendarizzazione in aula del provvedimento. Fra i democratici si sono registrate anche alcune astensioni sul calendario che porta all’esame dell’Assemblea solo le riforme, prima dell’avvio della sessione di bilancio. In Senato le astensioni valgono voto contrario.

C’è chi infine dei ritardi accumulati che impattano inevitabilmente sui tempi di discussione ed approvazione del ddl Cirinnà da la colpa allo stesso Presidente del Senato: in conferenza dei capigruppo di oggi, sarebbe stato lo stesso Presidente Grasso a pretendere che il calendario prevedesse fino al 13 ottobre la riforma del Senato, per dar modo alle opposizioni di far sentire la loro voce su un provvedimento così delicato, trattandosi di una riforma costituzionale molto importante. Nella conferenza dei capigruppo il dissenso del capogruppo del PD Zanda sarebbe stato forte ma vano.

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La finestra si è ridotta ma il Pd e il governo faranno di tutto per cercare di portare in aula le unioni civili” e se slittano “la colpa è di M5S e Sel che per ritardare di 5 giorni i lavori sulle riforme, rischiano di far saltare le unioni civili che pure dicono di sostenere”. Il sottosegretario alle riforme, Ivan Scalfarotto, parla così con l’Adnkronos di quanto accaduto oggi al Senato e del rischio che le unioni civili possano slittare visto che nella capigruppo non è passata la richiesta del Pd di chiudere le riforme entro l’8 ottobre. E il presidente Grasso? “Grasso – risponde Scalfarott o- si è concentrato sulle riforme e, dal suo punto di vista, ha ritenuto di concedere più spazio alle opposizioni per la discussione e magari per trovare un accordo sul ritiro degli emendamenti evitando la tagliola. Noi da parte nostra, con Luigi Zanda e Maria Elena Boschi, abbiamo insistito in tutti i modi nella capigruppo per chiudere le riforme entro l’8 ottobre. M5S e Sel, in modo del tutto miope, non ci hanno agevolato”.

Quanto successo oggi in aula potrebbe ritardare l’approvazione della legge sulle unioni civili oltre la fatidica data del 15 ottobre, su cui lo stesso premier Matteo Renzi più volte si era impegnato. E c’è già chi amaramente constata che “la fretta di Renzi sul senato, fa slittare le unioni civili”.