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In Slovenia sono aperte le urne per il referendum sul matrimonio gay

Da ieri a domenica si vota per il referendum. I sondaggi sono ancora troppo incerti

Dopo la decisione di ottobre scorso della Corte Suprema slovena di ammettere il referendum sul matrimonio gay e la conseguente indizione della consultazione referendaria, si sono aperte le urne per le votazioni che termineranno nella giornata di domenica. Fino ad ieri sera avevano votato poco più di 6000 persone (il quorum è di circa 330.000 votanti). I risultati saranno noti domenica sera stessa.

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Era il marzo 2015 quando con 51 voti a favore e 21 contrari il Parlamento Sloveno aveva esteso il diritto di matrimonio alle coppie omosessuali: a favore si erano espressi Sinistra Unita (ZI) che aveva anche fatto la proposta originaria, il partito del premier Miro Cerar (SMC), i parlamentari di ZaAB e i socialdemocratici di SD. Contro, invece, erano rimasti il Partito Democratico e Nuova Slovenia. Con tale decisione, la Slovenia diventava così l’undicesimo paese europeo a riconoscere alle coppie same-sex il diritto di sposarsi. La decisione non fu indolore ed infatti subito dopo l’approvazione i gruppi cattolici iniziarono a raccogliere le firme per il referendum.

La richiesta alla Corte Costituzionale è stata avanzata da un gruppo conservatore vicino all’opposizione di centro-destra del Partito Democratico Sloveno (SDS) e sostenuta dalla Chiesa cattolica, che aveva contestato la nuova legge.

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Il gruppo aveva raccolto in pochi giorni sufficienti firme per poter chiedere il referendum. Ma il parlamento della Slovenia aveva stoppato l’iniziativa, sostenendo che fosse incostituzionale dato che il matrimonio è un diritto fondamentale che va esercitato senza discriminazione alcuna. A quel punto è stata la Corte Suprema a dirimere la questione, bloccando il tentativo del Parlamento di evitare un voto popolare. Secondo l’articolo 90 della Costituzione slovena, la legge sarà abrogata se voterà più del 20% dell’elettorato e se la maggioranza degli elettori si esprimesse contro.

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Gli argomenti dei sostenitori del mantenimento della legge possono essere riassunti con la dichiarazione di Petra Vilfana, un deputato del partito DeSUS favorevole al NO al referendum: “Con questa legge nessuno prende nulla in più, nessuno è escluso, nessuno è privilegiato. Si tratta semplicemente di equiparare i diritti delle minoranze ai diritti della maggioranza e la famiglia tradizionale, con l’adozione di questo disegno di legge, non è in alcun modo compromessa”. Gli oppositori al matrimonio gay ed organizzatori del referendum sostengono che l’emendamento dà la priorità alle esigenze degli adulti e discrimina i diritti dei bambini. Gli oppositori sottolineano che la legge ha avuto una serie di conseguenze tra cui l’adozione da parte delle coppie omosessuali attraverso l’inseminazione artificiale per le coppie lesbiche e il business della maternità surrogata che in Slovenia è proibito, i cambiamenti nei programmi scolastici (la solita teoria gender…), l’abolizione della possibilità di avere una madre ed un padre, così come l’introduzione del singolo genitore e di due genitori dello stesso sesso.

A favore del mantenimento della legge è schierato gran parte del mondo dello spettacolo sloveno: cantanti, presentatori televisivi e uomini di cultura infatti si sono espressi pubblicamente per il NO al referendum. Ma i sondaggi, fino ad oggi, parlano di un esito assolutamente incerto.

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Che ai cittadini sloveni venga chiesto cosa ne pensano del matrimonio gay, sarà però la seconda volta: già nel 2012, infatti, un referendum bocciò l’introduzione del matrimonio gay, col 55% dei voti contrari e solo il 30% di affluenza. Poi, come si è detto, nel marzo 2015 la decisione del Parlamento.